lunedì 27 febbraio 2012

ASIA/SIRIA - I francescani: "Fra paura e incertezza, la nostra missione è consolare la gente e chiedere la pace"

Damasco (Agenzia Fides) - "In questo momento di paura e incertezza, la nostra missione di francescani è consolare la gente e annunciare la pace", dice in un colloquio con l'Agenzia Fides fra Romualdo Fernandez, Ofm, direttore del Centro ecumenico di Tabbale (Damasco) e Rettore del Santuario dedicato alla Conversione di San Paolo, a Damasco.
Il frate racconta: "La situazione è fluida e incerta. Credo che nell'opera di informazione si debba prestare maggior attenzione alle fonti e alla circolazione delle notizie. Come abbiamo potuto constatare in alcuni casi, anche i grandi network hanno contribuito a diffondere notizie non vere sulla crisi. Occorre maggiore cautela, dato che sono forti i rischi di strumentalizzazioni", nota il frate.
"Come minoranza cristiana, proseguiamo le nostre attività sociali e pastorali. Preghiamo molto e facciamo un pressante appello alla pace e alla riconciliazione, perché si possa guardare al futuro con speranza". I francescani, presenti in Siria, con comunità a Damasco, Aleppo, Lattakiah e nella valle dell'Oronte, sono impegnati a sostenere i bisogni della popolazione cristiana locale. I dispensari medici dei conventi francescani sono divenuti luogo di rifugio e accoglienza per tutti i bisognosi, senza differenza fra etnie o religioni.
I cristiani in Siria sono circa 875,000 e rappresentano il 10% della popolazione, divisi fra ortodossi, cattolici, protestanti e anglicani. La maggioranza dei cristiani siriani vive nelle città di Damasco, Aleppo, Homs e Latakia. (PA) (Agenzia Fides 27/2/2012)
ASIA/INDIA - Fermare la violenza, no all'impunità: Lettera aperta dei cristiani ai leader della nazione

New Delhi (Agenzia Fides) - Assicurare giustizia per tutte le vittime della violenza religiosa e intercomunitaria in India; tutelare pace e riconciliazione, che si raggiungono con la prevenzione e con la giustizia: è quanto chiede una Lettera aperta inviata dalla comunità cristiana in India ai leader della nazione e pervenuta all'Agenzia Fides.
La lettera, firmata, a nome della comunità cristiana, dall'Arcivescovo di Delhi, Mons. Vincent Concessao, spiega che lo spirito che spinge i cristiani a rivolgersi accoratamente alla politica è "la caritas, una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace".
I cristiani, che da Duemila anni si sforzano di "promuovere l'amore" in India, notano con preoccupazione che, dal 1990, secondo stime ufficiali, oltre 6.000 gravi episodi di violenza intercomunitaria hanno funestato la nazione. "Nei primi anni del 21° secolo si sono verificati due gravi atti di violenza collettiva: il primo è stato il pogrom contro musulmani in 14 distretti del Gujarat, nel febbraio-marzo 2002; l'altro è stato la violenza contro i cristiani nel distretto di Kandhamal, in Orissa, nel 2008". Il testo ricorda che, in Gujarat, 790 musulmani sono stati uccisi, 523 luoghi di culto sono stati danneggiati e 61.000 musulmani sono fuggiti dalle loro case. In Orissa i morti sono stati oltre 100 e i profughi cristiani 56mila.
"Le vittime di entrambi gli atti di violenza attendono ancora giustizia. Gli assassini restano liberi, non c'è stata alcuna riparazione" nota l'appello. "La polarizzazione religiosa non è una cosa buona per la nazione. L'impunità di cui godono i funzionari, gli ufficiali di polizia e soprattutto i politici di alto livello, tra cui il primo ministro del Gujarat, si fa beffa dello Stato di diritto e della Costituzione dell'India" sottolinea ancora la Lettera. I cristiani notano con favore "un tentativo di approvare nuove leggi che, si spera, pongano un freno alla violenza comunitaria e ai crimini di odio di massa", come il "Communal Violence Bill", proposto in Parlamento nel 2011.
L'appello si conclude con precise richieste ai leader della nazione: assicurare giustizia per le vittime; porre fine all'impunità dei leader politici e di governo; adottare misure urgenti e immediate per assicurare che i sopravvissuti possono ricostruire le loro vite; individuare mezzi per ristabilire la fiducia tra le vittime, assicurando che la loro vita torni alla normalità. Inoltre i cristiani chiedono una adeguata presenza delle minoranze religiose negli apparati di polizia e nei gruppi di indagine, e una veloce adozione della Legge per prevenire e contrastare la violenza, perché questa "possa essere stroncata sul nascere". (PA) (Agenzia Fides 27/2/2012)
AFRICA/NIGERIA - "Siamo stati troppo ottimisti: dopo mesi di calma le bombe tornano a colpirci" dice a Fides l'Arcivescovo di Jos

Abuja (Agenzia Fides) -"Purtroppo siamo stati troppo ottimisti. Dopo un periodo di pace e di calma, le bombe sono tornate ad esplodere anche a Jos" dice all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos, capitale dello Stato di Plateau, nella Nigeria centrale, dove ieri, domenica 26 febbraio, un attentato suicida ha preso di mira la sede della "Church of Christ" in Nigeria. L'attentato è stato rivendicato dalla setta islamica Boko Haram che da mesi semina il terrore in diverse aree della Nigeria a suon di bombe e di attentati contro le forze dell'ordine e le comunità cristiane.
"Mi trovo da 4 giorni nella capitale federale, Abuja, per partecipare ad un meeting della Conferenza Episcopale Nigeriana, ma appena ho avuto notizia dell'attentato mi sono subito messo in contatto con il Presidente della 'Church of Christ' in Nigeria per esprimergli le nostre condoglianze e per avere maggiori dettagli sull'attentato e sulle sue conseguenze. Mi ha detto che vi sono sicuramente 3 morti tra i suoi fedeli, ma che il numero delle vittime potrebbe essere maggiore" afferma Mons. Kaigama.
Dopo l'attentato, gruppi di giovani cristiani hanno dato l'assalto alle proprietà dei musulmani. Nelle violenze vi sarebbero stati dei morti. "Non sono sul posto per verificare quello che è veramente accaduto - spiega l'Arcivescovo - ma senza dubbio i giovani sono arrabbiati e sono tentati di reagire alla violenza con altra violenza, voglio però sottolineare che il loro comportamento è contrario a quanto noi, come Chiesa, abbiamo sempre insegnato e predicato: non provocate nessuno e non cedete alla provocazione, compiendo rappresaglie. Occorre invece permettere alla legge di fare il suo corso per bloccare e punire chi commette questi crimini" dice l'Arcivescovo di Jos.
Mons. Kaigama conclude affermando che i "Vescovi della Nigeria sono preoccupati per il clima di paura, di tensione e di rabbia che sta attraversando la società a causa soprattutto degli attacchi di Boko Haram". È probabile che, al termine della loro riunione, i Vescovi pubblichino una dichiarazione al riguardo. (L.M.) (Agenzia Fides 27/2/2012)