sabato 23 luglio 2011

Stella Maris a Trieste? Come a Porto Nogaro!

Anche a Trieste un centro Stella Maris PDF Stampa E-mail
Scritto da Alessandro Perich   
giovedì 21 luglio 2011
Ferriera Si è svolto a Trieste il 16 e 17 luglio, presso la Capitaneria di Porto, il corso ICSW “Ship Visitor Training Course” (Corso di formazione per visitatori di nave).
Voluto da don Alessandro Amodeo, rettore della Cappella del Porto, con l’intento di fornire, ai futuri volontari dell’Apostolato del Mare, una conoscenza completa in materia di protocolli, sicurezza personale e security per gli impianti portuali e le navi.
Il corso ha avuto come docente don Giacomo Martino, direttore nazionale dell’Opera dell’Apostolato Marittimo ed istruttore certificato dall’International Committee on Seafarers’ Welfare (Comitato internazionale per il benessere della gente di mare). Il corso, al quale hanno partecipato una decina di volontari di diversa età, è stato propedeutico per la costituzione anche a Trieste di un Centro Stella Maris (attualmente in Italia ve ne sono una trentina presso i principali porti marittimi — www.stellamaris.tv): una vera e propria “casa lontano da casa” dove viene offerta ai marittimi, questi “stranieri in ogni porto”, il calore di un’ospitalità davvero disinteressata.

La realizzazione di questo Centro riveste particolare importanza in quanto dovrà garantire all’interno del costituendo Comitato Territoriale di Welfare della Gente di Mare una presenza cattolica. «Un’accoglienza — dice don Giacomo Martino — che nel rispetto della persona non tenga conto dell’ambito spirituale dell’uomo, non è un’accoglienza vera». L’Opera dell’Apostolato Marittimo, istituita con motu proprio dal beato Giovanni Paolo II, pur non costituendo un’entità canonica con propria personalità giuridica, è l’istituzione che promuove la cura pastorale specifica rivolta alla gente del mare, e mira a sostenere l’impegno dei fedeli chiamati a dare testimonianza in questo ambiente con la loro vita cristiana. Si pone l’obiettivo di assicurare l’assistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri, promuovendo, nelle comunità cristiane, atteggiamenti e opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi. Abbiamo intervistato Olivia Zaina, referente Area Nord Est per la Federazione nazionale Stella Maris.

Questo è un corso di preparazione per volontari specificatamente tecnico. Come portate avanti la pastorale? L’appartenenza della Stella Maris è in prima battuta un’appartenenza ecclesiale. L’approccio è quello pastorale. La Stella Maris è un esempio meraviglioso, dal mio punto di vista, di ecumenismo perché, pur nella ferma consapevolezza della propria identità, andiamo verso chiunque, offriamo a chiunque lo stesso tipo di accoglienza. Ovviamente con una specifica attenzione per i marittimi cattolici. A Trieste, ad esempio, c‘è una forte componente di marittimi Filippini che cerca il contatto con la Chiesa quando arriva in porto. Noi prepariamo i nostri volontari alla “pastorale in 5 minuti”. Andando a bordo, dove i marittimi lavorano o fanno turni di guardia, per gli “ship visitors” è difficile trovare tempi appropriati per un dialogo. Sta ad ognuno inventarsi le modalità: un momento di preghiera comune, la consegna di un rosario o quella del testo dei Vangeli scritto in 5 lingue, che la Santa Sede ci ha messo a disposizione. Sono gesti d’attenzione piccolissimi, ma per chi li riceve, magari lontano da mesi dalla propria comunità ecclesiale o dalla parrocchia di appartenenza, significano veramente molto.

Oltre ai servizi tecnici d’accoglienza, come si concretizza l’annuncio del Vangelo ai marittimi, anche appartenenti ad altre religioni?

Penso all’esperienza di Porto Nogaro. Tra i volontari c’è una suora che sale a bordo con l’abito religioso, dove la maggioranza dei marittimi sono musulmani. Lei è sempre rimasta stupita e meravigliata dal rispetto enorme con cui l’accolgono. Una persona che dedica la sua vita a Dio è già un segno. Portiamo l’immagine della Madonna e il crocifisso esposto, ma nessuno ha mai creato un problema o delle difficoltà. «Si sa che che la vita dell’uomo sul mare — dice spesso don Giacomo — anticipa su molti versanti dinamiche che poi ritroveremo qui probabilmente tra anni». A bordo, il fatto di convivere tra diverse nazionalità esiste da trent’anni. In quello che chiamiamo un microcosmo globalizzato, un gruppo ristretto di persone si trova a sperimentare quotidianamente una convivenza tra lingue, culture, religioni diverse; un luogo dove questo si “vede”. Hanno davvero qualcosa da insegnare a noi in termini in di apertura, di disponibilità verso l’altro.

I volontari vanno a bordo da soli, a due a due o con la presenza di un religioso?
Dipende dalla persona. Alcuni vanno da soli. Nella mia esperienza personale andando in due è meglio perché le cose che non noto io le nota l’altro e viceversa; poi ci si può dare un sostegno reciproco e, non da ultimo, va anche detto che Gesù inviava a due a due i propri discepoli. La presenza del religioso non è sempre possibile. Nei porti più piccoli non c’è neanche il cappellano. In alcuni il servizio è delegato ad un diacono.
L’associazione Stella Maris a Trieste?
Sta muovendo i primi passi, ma c’è grande entusiasmo.

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