"Perché il Signore sostenga lo sforzo degli operatori sanitari delle regioni più povere nell'assistenza ai malati e agli anziani" - Commento all'Intenzione Missionaria di febbraio 2012
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - "Ero malato e mi avete visitato" (Mt 25,36). Queste parole del Signore hanno portato i credenti ad avere una sensibilità particolare per coloro che soffrono a causa di malattie o della vecchiaia, riconoscendo in loro la presenza viva di Cristo. Se nei paesi poveri la vita è difficile per tutti, lo è molto di più per coloro che soffrono il dolore fisico o l'abbandono nell'età avanzata.
Probabilmente ancora più doloroso del dolore fisico è il dolore morale per l'abbandono che vivono molti nostri fratelli. Chi non si è sentito toccato nel suo cuore vedendo in alcuni reportage sul lavoro missionario, le religiose raccogliere esseri umani che giacciono per strada e divorati dalla miseria? Non sono forse loro, e molti altri come loro, una testimonianza vivente di Cristo, il Buon Samaritano?
Corriamo il pericolo di essere contagiati dall'individualismo egoistico che impera ovunque nella nostra società. Ognuno tende a pensare solo a se stesso, sostenendo che la sofferenza degli altri non è un suo problema. Secondo Benedetto XVI, la grandezza dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e con colui che soffre, e "questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la com-passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana" (Spe salvi, 38).
In qualche modo, le persone che si dedicano al compito bello e difficile della cura dei malati e degli anziani sono una sorta di incarnazione di Cristo misericordioso e compassionevole. Costoro estendono nel mondo la Sua tenerezza per i sofferenti. In molti passi dei Vangeli vediamo che il Signore si commosse profondamente dinanzi al dolore degli altri, alla sofferenza fisica o mentale. Ma, ancor di più, Cristo ha preso sulle sue spalle il dolore e le ferite fisiche e morali dell'uomo, di ogni uomo, e le ha portate con Lui sulla croce. Come afferma san Pietro: "Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2, 24). Dio manifesta la sua grandezza perché si china fino a prendere su di sé il dolore e la sofferenza degli uomini. Nelle parole del Papa: "Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede" (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).
Coloro che sanno prendere sulle proprie spalle il dolore dei malati e degli abbandonati, diventano presenza viva di Cristo, testimoni del suo amore per gli uomini. E insieme alla testimonianza del servizio della carità, i missionari devono svolgere un servizio ancora più grande: aiutare chi soffre a trovare il significato e il perchè del loro dolore. Il Papa ha detto ai giovani che vivono l'esperienza della malattia: "spesso la Croce ci fa paura, perché sembra essere la negazione della vita. In realtà, è il contrario! Essa è il 'sì' di Dio all'uomo, l'espressione massima del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Infatti, dal cuore di Gesù aperto sulla croce è sgorgata questa vita divina, sempre disponibile per chi accetta di alzare gli occhi verso il Crocifisso" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, n. 3).
Maria è la Madre del Crocifisso, che stava con speranza e forza nella fede, ai piedi della croce del Figlio. Lei è sempre accanto alla croce e al dolore di tutti i suoi figli, verso i quali esercita la nuova missione materna ricevuta sul Calvario. Come Madre della Speranza ci insegna a trasformare il dolore in gioia senza fine, dal momento che le sofferenze del tempo presente sono niente di fronte alla gloria che un giorno ci sarà svelata. (Agenzia Fides 30/01/2012)