ASIA/GIORDANIA - Imminente apertura del secondo campo profughi siriani; per il direttore di Caritas Giordania "nel 2013 si rischia l'esodo di massa"
Amman (Agenzia Fides) - Nei prossimi giorni sarà aperto il secondo campo Onu destinato a accogliere in territorio giordano i profughi in fuga dalla Siria. Lo conferma all'Agenzia Fides il direttore di Caritas Giordania, Wael Suleiman. La nuova struttura sorge a venti chilometri da Zarqa, potrà ospitare 45mila persone e la priorità nell'accoglienza verrà riservata a donne e bambini.
"Il campo di Zarqa" spiega Suleiman "aiuterà a decongestionare la situazione creatasi nel campo di Zaatari, collocato in pieno deserto, dove il freddo e le condizioni promiscue peggiorano di giorno in giorno la diffusione di patologie che colpiscono soprattutto i bambini e gli anziani". Anche nel nuovo campo la Caritas animerà attività assistenziali e educative rivolte in particolare ai bambini.
Il numero dei profughi siriani in Giordania si va avvicinando velocemente alla quota dei 300mila. Ogni giorno varcano i confini con il Regno hascemita dai 500 ai mille fuggitivi. E a detta di Suleiman e degli altri operatori, il peggio deve ancora arrivare: "La situazione in Siria peggiora, e il conflitto potrebbe presto coinvolgere in maniera massiccia l'area densamente abitata di Damasco e dei suoi sobborghi. A inizio 2013 potrebbe scatenarsi un esodo di massa da quelle zone. E quello con la Giordania è il confine più facile da raggiungere, per chi vuole fuggire".
Il direttore di Caritas Giordania registra a questo riguardo un indizio sintomatico: l'Onu finora finanziava i progetti di assistenza con scadenze perlopiù trimestrali. Ora i finanziamenti vengono calcolati su tempi più lunghi, da sei mesi a un anno. "Tutti sanno che i profughi non potranno tornare presto nel proprio paese, anche se finisce la guerra. La Siria è distrutta, e per ricostruire le condizioni di una possibile convivenza ci vorranno anni. Forse decenni".
Suleiman conferma che anche in Giordania si registra il fenomeno dei ricchi arabi provenienti dai Paesi del Golfo per reclutare "spose bambine" tra le file dei profughi siriani. Ma fa notare che nella cultura prevalente in ampie fasce della popolazione, tale prassi viene percepita come una forma di beneficienza: "tempo fa" racconta il direttore della Caritas "si è celebrato un matrimonio nel campo di Zaatari. La sposa era una ragazza di non più di quindici anni. E tutti erano contenti. Il ricco sconosciuto che la sposava era considerato da tutti un benefattore".
Tra i profughi siriani, alcuni di fede cristiana hanno trovato lavoro presso le strutture operative di Caritas Giordania. "Per loro si avvicina un Natale che molti vivranno col cuore affranto", nota Suleiman. "Proprio ieri" aggiunge il direttore di Caritas Giordania "uno di loro mi ha detto: con il lavoro che faccio con voi, mi trovo a assistere alcuni che sostenevano i ribelli. Io ero contro i ribelli. A causa loro sono dovuto scappare e la vita di tutta la mia famiglia è stata sconvolta da sofferenze e difficoltà. Ma proprio così sento di vivere davvero il tempo del Natale. Aiutando quelli che dovrei considerare come nemici". (GV) (Agenzia Fides 21/12/2012)