ASIA/INDIA - All'Assemblea dei Vescovi il nodo delle "conversioni proibite" e della libertà religiosa
Bangalore (Agenzia Fides) - Nell'Assemblea dei Vescovi indiani, in corso a Bangalore dall'1 all'8 febbraio, si esaminano i nodi delle "conversioni proibite", delle limitazioni della libertà religiosa e delle discriminazioni verso i cristiani, temi sui quali i Vescovi, racconta una fonte di Fides, hanno avviato un intenso dibattito.
A generare la discussione, la relazione del prof. T. K. Oommen, sociologo cristiano, professore emerito alla "Jawaharlal Nehru University", che ha sottolineato l'urgenza di correggere l'immagine distorta della Chiesa "come entità impegnata nell'opera di conversioni religiose". Questa, ha rimarcato "è una percezione diffusa", che bisogna contrastare per comunicare "la giusta immagine della Chiesa". Il prof. Oommen ha difeso il diritto di tutti i cittadini indiani, garantito dalla Costituzione, di professare la propria religione e di propagarla, nonché l'inalienabile diritto della coscienza individuale a cambiare religione.
Alcuni Vescovi, nei gruppi di lavoro, hanno ricordato che l'India ha approvato una serie di leggi per proibire la conversione, destinate essenzialmente ai missionari cristiani. Il primo stato ad approvare una "Legge sulla libertà di religione" (che di fatto è una legge che vieta le conversioni) è stato l'Orissa nel 1967, seguito dal Madhya Pradesh nel 1968 e dall'Arunachal Pradesh nel 1978. Successivamente il governo del partito nazionalista indù "Bharatiya Janata Party" l'ha introdotta in Gujarat nel 2003 e in Chhattisgarh nel 2006, anno in cui è entrata in vigore anche in Himachal Pradesh. Sulla base di tali disposizioni, molti missionari, accusati di "operare conversioni", hanno dovuto subire processi e ancora oggi i gruppi estremisti usano tali accuse per colpire i leader e i fedeli cristiani. La conversione all'induismo, invece, non è reato, e i gruppi indù continuano a convertire apertamente all'induismo i tribali.
Inoltre, come riferito a Fides da fonti nella società civile indiana, molte organizzazioni dei gruppi religiosi indù ricevono sovvenzioni dal Ministero della Giustizia Sociale, dal Ministero per lo Sviluppo delle risorse umane, dal Ministero per gli Affari dei Tribali, per la costruzione di scuole e centri sociali, in favore di membri delle caste più basse o dei popoli tribali. Queste organizzazioni indù adottano gli stessi metodi dei missionari, offrendo assistenza sociale e istruzione: "In tale contesto, il ruolo dello stato, a prescindere di quale partito sia al potere, è palesemente partigiano", nota a Fides Suhas Chakma, leader del'Ong "Asian Centre for Human Rights", con sede a New Delhi. Chakma commenta a Fides: "La fede religiosa è una questione privata della coscienza individuale e non deve essere regolamentata dallo stato. E' noto che numerosi dalit, benché cristiani, si identifichino legalmente come indù per ottenere i benefici sociali loro riservati e negati ai dalit cristiani, in modo discriminatorio. Tali negazioni dei diritti fondamentali sono violazioni della Costituzione e fanno dell'India una nazione cristianofobica". (PA) (Agenzia Fides 3/2/2012)