Tokyo (Agenzia Fides) – “In questa tragedia, uno degli aspetti più commoventi è lo slancio di solidarietà che manifestano i giovani giapponesi”: è quanto spiega in un colloquio con l’Agenzia Fides il Salesiano giapponese p.Yasutaka Muramatsu, Segretario provinciale dell’Ispettoria salesiana intitolata a San Francesco Saverio.
P. Muramatsu, che si dedica alla pastorale giovanile e segue gruppi di giovani, racconta a Fides che “i giovani, cristiani e non cristiani, si sono mobilitati, vorrebbero recarsi subito nelle aree colpite, per mettere a servizio delle vittime le loro energie e il loro entusiasmo, per aiutare, dare un sorriso restituire un po’ di speranza. E’ davvero commovente vedere come bruciano d’amore verso il prossimo. E’ una lezione per tutti noi educatori”.
I Salesiani giapponesi – circa 120 missionari in 13 case – si sono attivati con una raccolta di fondi da devolvere alla Caritas Giappone e alla diocesi di Sendai, che ha riportato i danni maggiori dopo lo tsunami.
Presenti nell’arcipelago nipponico dal 1927, i religiosi hanno già vissuto la difficile fase della ricostruzione post bellica, constatando gli effetti nefasti delle radiazioni atomiche, dopo Hiroshima e Nagasaki: “Oggi la maggiore preoccupazione è la centrale nucleare di Fukushima che non è ancora sicura. Le notizie che circolano sono contrastanti e la gente ha paura di non sapere tutta la verità”, nota p. Muramatsu. Tuttavia i Salesiani continueranno la loro missione impegnandosi nelle scuole, nella pastorale giovanile, nell’evangelizzazione tramite la stampa, “restando vicini, in tutti i modi e condividendo la sorte del popolo giapponese, provato dalla tragedia”, nota il sacerdote.
I religiosi continuano a organizzare anche veglie di preghiera per le vittime e nei prossimi giorni si incontreranno per un meeting in cui fare il punto della situazione e delineare forme di impegno concreto. Resta tuttavia molto difficile muoversi, dati i pochi mezzi di trasporto funzionanti, “così abbiamo imparato a restare in contatto tramite i mezzi di comunicazione come l’e-mail, il web, i social network, che diventano strumenti per alimentare la comunione” conclude il sacerdote. (PA) (Agenzia Fides 22/3/2011)
Fatti, scritti, immagini, video riguardanti i paesi della Bassa vicini a San Giorgio di Nogaro
martedì 22 marzo 2011
AFRICA/SOMALIA - In aumento il reclutamento dei bambini soldato
Mogadiscio (Agenzia Fides) – Non si hanno certezze sul numero dei bambini impegnati nei conflitti armati in tutta la Somalia. Si stima che siano due o tre mila, in diversi gruppi di opposizione. In Somalia dal mese di gennaio è stato registrato un importante aumento dei combattimenti e, di conseguenza, si è diffuso ancora di più il reclutamento dei bambini soldato. Il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) ha dichiarato che, in una recente offensiva contro i gruppi ribelli nella città di Bulo Hawo, al confine con il Kenya, sono stati impegati molti bambini e tanti di loro sono morti. Secondo le dichiarazioni, ci sono stati molti minori tra le vittime dei combattimenti nelle aree tra Dhusamareb Ceelbur in Galgadud.
In una nota delle Nazioni Unite si legge che le forze del Governo Federale Transizionale (TFG) e i loro alleati, Ahlu Sunna Wal Jama e Al-Shabab, sono tutti impegnati nell’attività di reclutamento. Un operatore di una ong locale che controlla lo stato dei bambini nel paese ha dichiarato che il principale responsabile è Al-Shabab, il più grande gruppo di opposizione armata. Il TFG ha negato il coinvolgimento in queste operazioni e ha anche detto che quando scoprono un minore tra le forze del governo lo rimandano a casa. Tuttavia i bambini non sono mai al sicuro: spesso quando non vengono reclutati, sono arrestati dalle forze di sicurezza del Governo perché sospettati di essere militanti.
Nei campi dove sono accolte decine di migliaia di sfollati o negli ospedali di Mogadiscio, la maggior parte delle presenze è costituita da bambini. In un rapporto dell’aprile 2010 le Nazioni Unite hanno confermato che a giugno 2009 il reclutamento dei bambini era diventato più sistematico e diffuso, da parte di tutti, compreso il TFG. Molte famiglie profughe stanno mandando i propri figli verso i campi in Kenya o in zone della Somalia più sicure. Secondo le stime delle Nazioni Unite, in tutta la Somalia almeno 2.4 milioni di somali hanno bisogno di aiuto, compresi gli sfollati delle zone controllate da Al-Shabab: 410 mila nel Afgoye Corridor, 15,200 nel Balad corridor (30km a nord di Mogadiscio) e 55 mila a Dayniile, a nord ovest di Mogadiscio. Circa 600 mila somali sono rifugiati nei paesi limitrofi. (AP) (22/3/2011 Agenzia Fides)
In una nota delle Nazioni Unite si legge che le forze del Governo Federale Transizionale (TFG) e i loro alleati, Ahlu Sunna Wal Jama e Al-Shabab, sono tutti impegnati nell’attività di reclutamento. Un operatore di una ong locale che controlla lo stato dei bambini nel paese ha dichiarato che il principale responsabile è Al-Shabab, il più grande gruppo di opposizione armata. Il TFG ha negato il coinvolgimento in queste operazioni e ha anche detto che quando scoprono un minore tra le forze del governo lo rimandano a casa. Tuttavia i bambini non sono mai al sicuro: spesso quando non vengono reclutati, sono arrestati dalle forze di sicurezza del Governo perché sospettati di essere militanti.
Nei campi dove sono accolte decine di migliaia di sfollati o negli ospedali di Mogadiscio, la maggior parte delle presenze è costituita da bambini. In un rapporto dell’aprile 2010 le Nazioni Unite hanno confermato che a giugno 2009 il reclutamento dei bambini era diventato più sistematico e diffuso, da parte di tutti, compreso il TFG. Molte famiglie profughe stanno mandando i propri figli verso i campi in Kenya o in zone della Somalia più sicure. Secondo le stime delle Nazioni Unite, in tutta la Somalia almeno 2.4 milioni di somali hanno bisogno di aiuto, compresi gli sfollati delle zone controllate da Al-Shabab: 410 mila nel Afgoye Corridor, 15,200 nel Balad corridor (30km a nord di Mogadiscio) e 55 mila a Dayniile, a nord ovest di Mogadiscio. Circa 600 mila somali sono rifugiati nei paesi limitrofi. (AP) (22/3/2011 Agenzia Fides)
AFRICA/COSTA D’AVORIO - Verso la guerra civile tra l’indifferenza della comunità internazionale; danni ad un convento di Clarisse
Abidjan (Agenzia Fides) - “La Costa d’Avorio sta scivolando verso la guerra civile” dicono all’Agenzia Fides fonti della Chiesa locale, che per motivi di sicurezza desiderano rimanere anonime. “I combattimenti ad Abidjan, la capitale amministrativa ed economica del Paese, sono all’ordine del giorno. Intere zone della città sono investite dalle violenze, in particolare Abobo e Yopougon, dove i civili o sono riusciti a fuggire oppure sono intrappolati in casa” affermano le nostre fonti.
“Ad Abobo ieri un colpo di arma pesante è caduto nei pressi di un convento di suore Clarisse. Per fortuna le religiose, che erano in cappella a pregare, non sono state colpite, ma il convento ha comunque riportato alcuni danni” riferiscono le fonti di Fides. “I leader religiosi della Costa d’Avorio stanno cercando una mediazione, ma sembra difficile contattare le due parti. Le difficoltà di comunicazione ostacola inoltre il processo di elaborazione di una posizione comune tra i rappresentanti religiosi” concludono le fonti di Fides.
Secondo notizie della stampa locale, il partito del Presidente uscente Laurent Gbagbo ha invitato i giovani sostenitori ad arruolarsi in massa nelle forze armate. I miliziani delle Forze Nuove, gli ex ribelli, che sostengono il Presidente eletto Alassane Ouattara, sono passati all’attacco nell’ovest del Paese, mentre proseguono la loro offensiva ad Abidjan, verso il quartiere di Cocody, dove sono concentrati i palazzi del potere.
Il governo della Nigeria ha criticato le “contraddizioni” della comunità internazionale, che concentra la sua attenzione sulla Libia, a detrimento della Costa d’Avorio ormai sull’orlo di una vera e propria guerra civile. (L.M.) (Agenzia Fides 22/3/2011)
“Ad Abobo ieri un colpo di arma pesante è caduto nei pressi di un convento di suore Clarisse. Per fortuna le religiose, che erano in cappella a pregare, non sono state colpite, ma il convento ha comunque riportato alcuni danni” riferiscono le fonti di Fides. “I leader religiosi della Costa d’Avorio stanno cercando una mediazione, ma sembra difficile contattare le due parti. Le difficoltà di comunicazione ostacola inoltre il processo di elaborazione di una posizione comune tra i rappresentanti religiosi” concludono le fonti di Fides.
Secondo notizie della stampa locale, il partito del Presidente uscente Laurent Gbagbo ha invitato i giovani sostenitori ad arruolarsi in massa nelle forze armate. I miliziani delle Forze Nuove, gli ex ribelli, che sostengono il Presidente eletto Alassane Ouattara, sono passati all’attacco nell’ovest del Paese, mentre proseguono la loro offensiva ad Abidjan, verso il quartiere di Cocody, dove sono concentrati i palazzi del potere.
Il governo della Nigeria ha criticato le “contraddizioni” della comunità internazionale, che concentra la sua attenzione sulla Libia, a detrimento della Costa d’Avorio ormai sull’orlo di una vera e propria guerra civile. (L.M.) (Agenzia Fides 22/3/2011)
AFRICA/LIBIA - “Dove si vuole arrivare con questi bombardamenti ?” si chiede il Vicario Apostolico di Tripoli
Tripoli (Agenzia Fides) - “Tra ieri sera e questa notte, abbiamo sentito diverse esplosioni molto forti, seppure in lontananza, con il controcanto della contraerea libica” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, in Libia. “Non vedo dove tutto questo potrà condurci. Possibile che non si capisca che con le bombe non si risolve nulla? Ancora una volta chiedo che si cerchi una soluzione diplomatica, magari attraverso la mediazione di qualche leader africano. Chi ha promosso questa guerra deve capire che Gheddafi non cederà. Si rischia di creare una crisi molto lunga, dall’esito incerto” afferma Mons. Martinelli.
Per quanto riguarda la situazione dei rifugiati africani che si trovano a Tripoli, in una difficile situazione, il Vicario Apostolico afferma: “Stiamo cercando di organizzare la partenza degli eritrei e dei rifugiati di altra nazionalità verso la Tunisia, la cui frontiera dista 150 km da Tripoli. Da parte delle autorità libiche e di quelle tunisine non abbiamo trovato ostacoli. In Tunisia sono presenti le organizzazioni internazionali che potranno prendersi cura di loro. Nel frattempo continuiamo ad assistere i rifugiati che si trovano ancora a Tripoli”.
“La piccola comunità cattolica si è ormai ristretta - conclude Mons. Martinelli -. Oggi dovrebbero partire un centinaio di persone, tra infermiere filippine e lavoranti di altre nazionalità, che hanno preferito lasciare il Paese. Ma negli ospedali vi sono ancora diverse infermiere filippine che continuano la loro opera. Alle nostre celebrazioni partecipano ormai solo gli immigrati africani. Ed è sempre una bella testimonianza di fede in questi momenti così difficili”. (L.M.) (Agenzia Fides 22/3/2011)
Per quanto riguarda la situazione dei rifugiati africani che si trovano a Tripoli, in una difficile situazione, il Vicario Apostolico afferma: “Stiamo cercando di organizzare la partenza degli eritrei e dei rifugiati di altra nazionalità verso la Tunisia, la cui frontiera dista 150 km da Tripoli. Da parte delle autorità libiche e di quelle tunisine non abbiamo trovato ostacoli. In Tunisia sono presenti le organizzazioni internazionali che potranno prendersi cura di loro. Nel frattempo continuiamo ad assistere i rifugiati che si trovano ancora a Tripoli”.
“La piccola comunità cattolica si è ormai ristretta - conclude Mons. Martinelli -. Oggi dovrebbero partire un centinaio di persone, tra infermiere filippine e lavoranti di altre nazionalità, che hanno preferito lasciare il Paese. Ma negli ospedali vi sono ancora diverse infermiere filippine che continuano la loro opera. Alle nostre celebrazioni partecipano ormai solo gli immigrati africani. Ed è sempre una bella testimonianza di fede in questi momenti così difficili”. (L.M.) (Agenzia Fides 22/3/2011)
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