Morì a venti anni sotto il treno: tre condanne
Fatti, scritti, immagini, video riguardanti i paesi della Bassa vicini a San Giorgio di Nogaro
martedì 29 ottobre 2013
lunedì 28 ottobre 2013
Picchetto Palini e Bertoli
Picchetto sindacale contro Abramovich
Nessuna schiarita sul futuro della Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro
sabato 26 ottobre 2013
Dopo oltre 50 anni di indipendenza ...
AFRICA - “La tragedia di Lampedusa è anche una responsabilità africana” affermano i Vescovi del continente
Roma (Agenzia Fides)-La mancanza di libertà e la ricerca di migliori condizioni di vita sono alla base di tragedie come quella accaduta il 3 ottobre al largo dell’isola italiana di Lampedusa, afferma un comunicato inviato all’Agenzia Fides dal SECAM/SCEAM (Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar). Ricordiamo che nel rovesciamento di un barcone carico di migranti provenienti dal Corno d’Africa morirono circa 360 persone.
“È sorprendente- afferma la nota- che così tanti rifugiati dall’Africa orientale continuano ad intraprendere il pericoloso viaggio verso l’Europa alla ricerca della “libertà” a causa delle gravi condizioni politiche ed economiche dei loro Paesi di origine”.
I Vescovi africani sottolineano in particolare le condizioni di Somalia ed Eritrea, i due Paesi da dove provengono la maggior parte delle persone coinvolte nella tragedia di Lampedusa. “Nel caso della Somalia le milizie al Shabaab terrorizzano la popolazione sin dal 1994. Questa lunga guerra ha provocato gravi problemi sociali ed economici. Anche la situazione politica in Eritrea ha spinto molti di questi migranti a fuggire dal loro Paese. Non esiste alcuna forma di liberà, non esiste libera stampa, né libertà religiosa e nessun diritto di assemblea. Queste persone affermano che cercano di dare un senso alla loro vita”.
Ricordando la Lettera Pastorale dei Vescovi africani, “Governance, bene comune e transizioni democratiche in Africa”, il comunicato prosegue: “il dramma della migrazione, con un crescente numero di giovani che rischiano la vita per abbandonare l’Africa, riflette la profondità del malessere di un continente dove ancora sono forti le resistenze ad assicurare alle proprie popolazioni lavoro, educazione e salute”.
“Dopo oltre 50 anni di indipendenza, l’Africa è ancora alla prese con violenze senza fine, gruppi armati illegali che continuano a minacciare la sicurezza della popolazione e dei loro beni che a loro volta provocano la fuga delle persone, come nel caso dell’incidente di Lampedusa” sottolineano i Vescovi africani.
Il documento conclude facendo appello alla responsabilità delle istituzioni africane perché operino per coordinare le politiche di controllo dei flussi migratori e soprattutto inizino un processo di miglioramento delle condizioni di vita dei loro Stati. Si fa altresì richiesta all’Europa perché riveda la propria legislazione immigratoria e tratti “questi migranti con maggiore compassione”. (L.M.) (Agenzia Fides 25/10/2013)
“È sorprendente- afferma la nota- che così tanti rifugiati dall’Africa orientale continuano ad intraprendere il pericoloso viaggio verso l’Europa alla ricerca della “libertà” a causa delle gravi condizioni politiche ed economiche dei loro Paesi di origine”.
I Vescovi africani sottolineano in particolare le condizioni di Somalia ed Eritrea, i due Paesi da dove provengono la maggior parte delle persone coinvolte nella tragedia di Lampedusa. “Nel caso della Somalia le milizie al Shabaab terrorizzano la popolazione sin dal 1994. Questa lunga guerra ha provocato gravi problemi sociali ed economici. Anche la situazione politica in Eritrea ha spinto molti di questi migranti a fuggire dal loro Paese. Non esiste alcuna forma di liberà, non esiste libera stampa, né libertà religiosa e nessun diritto di assemblea. Queste persone affermano che cercano di dare un senso alla loro vita”.
Ricordando la Lettera Pastorale dei Vescovi africani, “Governance, bene comune e transizioni democratiche in Africa”, il comunicato prosegue: “il dramma della migrazione, con un crescente numero di giovani che rischiano la vita per abbandonare l’Africa, riflette la profondità del malessere di un continente dove ancora sono forti le resistenze ad assicurare alle proprie popolazioni lavoro, educazione e salute”.
“Dopo oltre 50 anni di indipendenza, l’Africa è ancora alla prese con violenze senza fine, gruppi armati illegali che continuano a minacciare la sicurezza della popolazione e dei loro beni che a loro volta provocano la fuga delle persone, come nel caso dell’incidente di Lampedusa” sottolineano i Vescovi africani.
Il documento conclude facendo appello alla responsabilità delle istituzioni africane perché operino per coordinare le politiche di controllo dei flussi migratori e soprattutto inizino un processo di miglioramento delle condizioni di vita dei loro Stati. Si fa altresì richiesta all’Europa perché riveda la propria legislazione immigratoria e tratti “questi migranti con maggiore compassione”. (L.M.) (Agenzia Fides 25/10/2013)
giovedì 24 ottobre 2013
Il pesce viaggia...
Trovato a Foggia il pesce
rubato a San Giorgio
Il pescato era destinato ai ristoranti locali. La polizia ha scoperto il carico dopo che era giunta la notizia che la scorsa settima in Friuli c’era stato un furto di pesce congelato del valore di circa 140mila euro
venerdì 18 ottobre 2013
mercoledì 16 ottobre 2013
martedì 15 ottobre 2013
Il delicato equilibrio demografico e confessionale libanese
ASIA/LIBANO - Case per musulmani costruite sulle terre dei cristiani. A rischio l'equilibrio confessionale
Beirut (Agenzia Fides) – Un pressante richiamo a frenare l'uso improprio di terre appartenenti ai cristiani per costruire abitazioni destinate ai musulmani è stato lanciato lunedì 14 ottobre da Talal al-Doueihy, leader del Movimento “Terra libanese, Terra nostra”. L'appello - riferiscono fonti libanesi consultate dall'Agenzia Fides - è stato indirizzato alle istituzioni statali e a tutti e leader politici e religiosi cristiani durante una conferenza convocata a Beirut per denunciare in particolare il caso recente di Al-Qaa, un villaggio cristiano nei pressi di Baalbek nella cui area ampi appezzamenti di terra sono stati acquisiti da musulmani – sciiti e sunniti - come terreno agricolo, per poi essere destinati all'edificazione di complessi residenziali da vendere a libanesi e a profughi siriani appartenenti alla propria comunità religiosa. Nel corso della conferenza, l'avvocato Bashir Matar ha denunciato il quadro d'illegalità in cui si è realizzato il cambio di dest inazione d'uso dei terreni, sollecitamente forniti dei servizi di acqua e di elettricità.
L'appello degli esponenti del Movimento punta a far rispettare con fermezza le legge e a richiamare tutti alla vigilanza su un fenomeno che contribuisce a compromettere il delicato equilibrio demografico e confessionale libanese, messo a repentaglio dall'afflusso massiccio di profughi fuggiti dalla Siria.
In tutto il Paese si accendono con frequenza crescente le contese sulle terre.La scorsa settimana, nel villaggio cristiano di Alma (distretto di Zghorta) i residenti avevano protestato perché i musulmani dell'area di al-Fuar avevano cominciato a costruire case senza autorizzazione. Già a fine agosto, lo stesso Patriarca maronita Bechara Boutros Rai aveva richiamato i cristiani a limitare la vendita delle proprie proprietà per non mettere a rischio il bilanciamento demografico-confessionale su cui si regge la fragile coesistenza libanese. (GV) (Agenzia Fides 15/10/2013).
L'appello degli esponenti del Movimento punta a far rispettare con fermezza le legge e a richiamare tutti alla vigilanza su un fenomeno che contribuisce a compromettere il delicato equilibrio demografico e confessionale libanese, messo a repentaglio dall'afflusso massiccio di profughi fuggiti dalla Siria.
In tutto il Paese si accendono con frequenza crescente le contese sulle terre.La scorsa settimana, nel villaggio cristiano di Alma (distretto di Zghorta) i residenti avevano protestato perché i musulmani dell'area di al-Fuar avevano cominciato a costruire case senza autorizzazione. Già a fine agosto, lo stesso Patriarca maronita Bechara Boutros Rai aveva richiamato i cristiani a limitare la vendita delle proprie proprietà per non mettere a rischio il bilanciamento demografico-confessionale su cui si regge la fragile coesistenza libanese. (GV) (Agenzia Fides 15/10/2013).
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lunedì 14 ottobre 2013
In Malaysia ...Dio, 2 articoli. una sentenza!
ASIA/MALAYSIA - Uso del termine “Allah”: verdetto d’appello sfavorevole ai cristiani. “Si viola la libertà religiosa”
Kuala Lumpur (Agenzia Fides) – La Corte d’appello di Kuala Lumpur, con una sentenza pronunciata questa mattina, ha proibito l’uso del temine “Allah” per indicare “Dio” nelle pubblicazioni del settimanale cattolico “Herald”, della diocesi di Kuala Lumpur. Il verdetto ribalta la sentenza di un tribunale di primo grado che, il 31 dicembre del 2009. Allora il settimanale aveva presentato un procedimento giudiziario, sostenendo il proprio diritto di usare la parola “Allah”, che una disposizione del governo proibiva, ritenendolo appannaggio esclusivo dei musulmani.
Forte disappunto fra i cristiani malaysiani per una sentenza giudicata “ingiusta e lesiva dei diritti”. Interpellato dall’Agenzia Fides, p. Lawrence Andrew, Direttore del settimanale “Herald Malaysia”, dichiara: “Siamo delusi, perché il verdetto viola un diritti alla libertà religiosa e di espressione sanciti nella Costituzione. 'Allah' è termine ampiamente utilizzato dai cristiani arabi, in tutto il mondo e si trova nella Bibbia in lingua malaysiana da 400 anni”. Lasciando trapelare amarezza, p. Andrew annuncia che “in accordo con l’Arcivescovo di Kuala Lumpur, editore dell’Herald, ricorreremo alla Corte suprema, quella federale”. Secondo il Direttore, la sentenza “è stata evidentemente condizionata da pressioni politiche”. Il giudizio, tuttavia, “è limitato alla pubblicazione dell’Herald, dunque non tocca la Bibbia e le liturgie cristiane”.
Mentre fuori dal tribunale vi sono state manifestazioni di militanti del partito islamico “Perkasa”, p. Andrew annuncia che “tutti cristiani malaysiani vivranno nei prossimi giorni una veglia di preghiera, pregando per la pace e per la libertà religiosa in Malaysia”. Il Direttore ricorda che un antico Dizionario Latino-Malay, edito dalla Congregazione di “Propaganda Fide” nel 1631, rappresenta “la prova decisiva sull’uso del termine Allah, legittimo per i cristiani”.
Sui circa 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani (60%), i cristiani in Malaysia oltre 2,6 milioni. Fra questi, i cristiani indigeni, che usano per il culto la lingua locale (e dunque chiamano Dio “Allah”), si trovano soprattutto nelle province di Sabah e Sarawak (nel Borneo malaysiano) e sono circa 1,6 milioni di credenti. (PA) (Agenzia Fides 14/10/2013)
Forte disappunto fra i cristiani malaysiani per una sentenza giudicata “ingiusta e lesiva dei diritti”. Interpellato dall’Agenzia Fides, p. Lawrence Andrew, Direttore del settimanale “Herald Malaysia”, dichiara: “Siamo delusi, perché il verdetto viola un diritti alla libertà religiosa e di espressione sanciti nella Costituzione. 'Allah' è termine ampiamente utilizzato dai cristiani arabi, in tutto il mondo e si trova nella Bibbia in lingua malaysiana da 400 anni”. Lasciando trapelare amarezza, p. Andrew annuncia che “in accordo con l’Arcivescovo di Kuala Lumpur, editore dell’Herald, ricorreremo alla Corte suprema, quella federale”. Secondo il Direttore, la sentenza “è stata evidentemente condizionata da pressioni politiche”. Il giudizio, tuttavia, “è limitato alla pubblicazione dell’Herald, dunque non tocca la Bibbia e le liturgie cristiane”.
Mentre fuori dal tribunale vi sono state manifestazioni di militanti del partito islamico “Perkasa”, p. Andrew annuncia che “tutti cristiani malaysiani vivranno nei prossimi giorni una veglia di preghiera, pregando per la pace e per la libertà religiosa in Malaysia”. Il Direttore ricorda che un antico Dizionario Latino-Malay, edito dalla Congregazione di “Propaganda Fide” nel 1631, rappresenta “la prova decisiva sull’uso del termine Allah, legittimo per i cristiani”.
Sui circa 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani (60%), i cristiani in Malaysia oltre 2,6 milioni. Fra questi, i cristiani indigeni, che usano per il culto la lingua locale (e dunque chiamano Dio “Allah”), si trovano soprattutto nelle province di Sabah e Sarawak (nel Borneo malaysiano) e sono circa 1,6 milioni di credenti. (PA) (Agenzia Fides 14/10/2013)
ASIA/MALAYSIA - L’Arcivescovo di Kuala Lumpur: “Sul termine Allah, caso politicizzato: nelle liturgie si continuerà a usarlo”
Kuala Lumpur (Agenzia Fides) – La sentenza della Corte di Appello sull’uso del temine Allah nelle pubblicazioni cristiane “era prevedibile: ci aspettavamo questo esito: il caso è stato fin troppo politicizzato”: lo dice all’Agenzia Fides l’Arcivescovo di Kuala Lumpur, mons. Murphy Pakiam, commentando il verdetto della Corte d’appello, sfavorevole al settimanale cattolico della sua diocesi “Herald Malaysia”. L’Arcivescovo esprime a Fides il suo pensiero: “Abbiamo pregato perché la mente dei giudici fosse illuminata, ma evidentemente i piani di Dio sono stati diversi. In ogni caso ricorreremo alla Corte Federale per ottenere giustizia”. Confidando che “fra i fedeli circolano delusione e preoccupazione”, l’Arcivescovo riferisce della reazione del “Consiglio delle Chiese a Sabah e Sarawak”, che include i Vescovi di tutte le confessioni. “I Vescovi hanno puntualizzato che nelle chiese e nelle liturgie si continuerà a usare il temine ‘Allah’. La sentenza riguarda solo l’Hera ld e non riguarda la nostra ‘Alkitab’, storica Bibbia in lingua malaysiana”. “L’incognita – nota l’Arcivescovo – è rappresentata dai gruppi radicali islamici, che potrebbero dare una interpretazione restrittiva alla sentenza”.
Mons. Pakiam aggiunge: “Speriamo e preghiamo perché la situazione politica possa chiarirsi, per avere un maggiore equilibrio da parte delle istituzioni su questo delicato tema, che tocca la fede e la libertà delle minoranze religiose”. “Ieri sera – conclude – abbiamo pregato nello stadio di Kuala Lumpur per consacrare la nostra nazione alla Vergine Maria, in comunione con il Santo Padre. La nostra arma è la preghiera. Speriamo e preghiamo che lo Spirito Santo possa illuminare i legislatori e i decisori. Anche i gruppi estremisti hanno bisogno della nostra preghiera. Vogliamo contribuire a creare pace e armonia nella nostra nazione pluralistica. Vogliamo costruire ponti con l’islam”. (PA) (Agenzia Fides 14/10/2013)
Mons. Pakiam aggiunge: “Speriamo e preghiamo perché la situazione politica possa chiarirsi, per avere un maggiore equilibrio da parte delle istituzioni su questo delicato tema, che tocca la fede e la libertà delle minoranze religiose”. “Ieri sera – conclude – abbiamo pregato nello stadio di Kuala Lumpur per consacrare la nostra nazione alla Vergine Maria, in comunione con il Santo Padre. La nostra arma è la preghiera. Speriamo e preghiamo che lo Spirito Santo possa illuminare i legislatori e i decisori. Anche i gruppi estremisti hanno bisogno della nostra preghiera. Vogliamo contribuire a creare pace e armonia nella nostra nazione pluralistica. Vogliamo costruire ponti con l’islam”. (PA) (Agenzia Fides 14/10/2013)
domenica 13 ottobre 2013
...ufficiali e soldati del R. Esercito ligi al giuramento costituzionale, e poco più tardi un folto numero di Ebrei (era proprio un’arca di Noè).”
sabato 12 ottobre 2013
giovedì 10 ottobre 2013
Spiacevle esperienza a Marano Lagunare
«Controllo la caldaia»
invece la deruba
Spiacevole esperienza per un’anziana di Marano Lagunare: il falso tecnico è sparito con 180 euro in contanti
mercoledì 9 ottobre 2013
Inizio Anno Pastorale 2013 2014
Incontro di inizio anno dell'Arcivescovo - Palmanova, Porpetto/San Giorgio, Mortegliano
25/10/13dalle ore 20:30 alle ore 22:00 - Duomo di Palmanova - Notizia che interessa i giovani e i loro animatori
L'Arcivecovo incontra i giovani delle Foranie di Palmanova, Porpetto/San Giorgio di Nogaro e Mortegliano, in occasione dell'inizio dell'anno pastorale.Durante il momento di preghiera sarà consegnata a tutti la nuova lettera pastorale "Cristo, nostra speranza" e saranno presentati gli appuntamenti di Pastorale Giovanile per l'anno 2013-2014
martedì 8 ottobre 2013
Dreossi
Scherma, Dreossi infilza l’oro nel circuito europeo
Impresa del sangiorgino della Gemina in Ungheria, nella prova di sciabola riservata agli under 17
Andrea, non solo lettura ma anche preghiera
Tragedia a San Giorgio, muore stroncata dalla malattia a 21 anni
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17 novembre mezza maratona
PALMANOVA domenica 17 novembre 2013
Campionato Nazionale Veterani dello Sport
Mezza maratona in programma
domenica 6 ottobre 2013
I fanghi immobili
Il caso dragaggi: Progetti e soldi
ci sono ma le draghe sono ferme
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sabato 5 ottobre 2013
il Corriere della sera: Di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?
Papa Francesco ad Assisi: «La Chiesa deve spogliarsi di ogni mondanità spirituale»
La visita di Bergoglio nella città del «poverello»
giovedì 3 ottobre 2013
...è la stessa profondità che c’è a San Giorgio di Nogaro».
Monfalcone: riaperta la banchina ma il fondale è basso
Gli operatori: una beffa La Cetal fa attraccare tre navi e impiega un sub per i controlli Scaramelli (Assoterminal) denuncia: «Milioni sprecati»
martedì 1 ottobre 2013
bande armate e cristiani
ASIA/SIRIA - Nuove incursioni di bande armate a Sednaya; i cristiani si rifugiano nella fede e nella preghiera
Damasco (Agenzia Fides) – Dopo Maalula, ora tocca a Sednaya, anch'esso villaggio a Nord di Damasco, noto per il patrimonio storico, culturale e religioso, caratterizzato da larga presenza di chiese e monasteri cristiani, e da una comunità locale che parla ancora l’aramaico. Come appreso da Fides, il villaggio è sotto costante minaccia di milizie islamiste provenienti da Yabroud e dalle montagne libanesi, oltre confine, che organizzano incursioni e blitz per terrorizzare la popolazione civile. Nei giorni scorsi già c’è erano stati i primi scontri e un uomo cattolico è morto (vedi Fides 28/9/2013). Ieri una nuova incursione ha fatto un morto e un ferito fra i cristiani locali. Un religioso di Sednaya, che chiede l’anonimato, nota a Fides che “si tratta di banditismo ma è anche una vendetta contro i cristiani. Non vorremmo dare a questi atti un significato di persecuzione religiosa, ma sono comunque attacchi mirati che hanno l’effetto di creare scompiglio e paura tra i ci vili, presupposti per la fuga”. La tattica delle bande armate ora è quella di incursioni improvvise che creano terrore fra i civili, generando un esodo. A quel punto, il villaggio potrà essere invaso. “Oggi la gente di Sednaya teme di avere lo stesso destino di Maalula”, conclude il religioso.
I civili di Maalula, intanto, tutti sfollati a Damasco, hanno formato un “Comitato”. Uno dei rappresentanti del Comitato spiega a Fides: “Ci appelliamo con forza alla comunità internazionale. Nessuno ci aiuta, il radicalismo islamico si fa sempre più discriminatorio. Ci sentiamo non protetti. Nessuno fa qualcosa per prevenire questi abusi dei diritti umani: chiediamo un intervento della Commissione Onu di Ginevra”. I cristiani si sentono in pericolo: infatti, viste le migliaia di bande armate disseminate sul territorio siriano, è praticamente impossibile proteggerli.
Intanto “fra i cristiani siriani, sempre più vulnerabili, c’è un risveglio spirituale, un rinnovato slancio nelle fede, alla preghiera e alla vicinanza interconfessionale”, nota a Fides suor Carmel, che assiste gli sfollati a Damasco. “Nella estrema sofferenza e sull’esempio dei martiri, come p. Murad o il giovane Sarkis di Maalula, stiamo ritrovando una fede più densa, profonda e unitiva”, afferma la religiosa cattolica. I cristiani sono riluttanti a prendere le armi, anche per difesa, e i leader religiosi continuano a ribadirlo. Ripudiano la logica di un conflitto settario ma, in varie località, si stanno formando piccoli comitati popolari per prevenire le violenze. Accade, ad esempio, nella cosiddetta “Valle dei cristiani” (“Wadi al Nasara”), nella Siria occidentale, storica roccaforte dei cristiani siriani. Nella valle vi sono oltre 50 villaggi cristiani, con 100mila fedeli, cui si sono aggiunti oltre 200mila profughi. Anche questi villaggi subiscono incursioni di gruppi armati. (PA) (Agenzia Fides 1/10/2013)
I civili di Maalula, intanto, tutti sfollati a Damasco, hanno formato un “Comitato”. Uno dei rappresentanti del Comitato spiega a Fides: “Ci appelliamo con forza alla comunità internazionale. Nessuno ci aiuta, il radicalismo islamico si fa sempre più discriminatorio. Ci sentiamo non protetti. Nessuno fa qualcosa per prevenire questi abusi dei diritti umani: chiediamo un intervento della Commissione Onu di Ginevra”. I cristiani si sentono in pericolo: infatti, viste le migliaia di bande armate disseminate sul territorio siriano, è praticamente impossibile proteggerli.
Intanto “fra i cristiani siriani, sempre più vulnerabili, c’è un risveglio spirituale, un rinnovato slancio nelle fede, alla preghiera e alla vicinanza interconfessionale”, nota a Fides suor Carmel, che assiste gli sfollati a Damasco. “Nella estrema sofferenza e sull’esempio dei martiri, come p. Murad o il giovane Sarkis di Maalula, stiamo ritrovando una fede più densa, profonda e unitiva”, afferma la religiosa cattolica. I cristiani sono riluttanti a prendere le armi, anche per difesa, e i leader religiosi continuano a ribadirlo. Ripudiano la logica di un conflitto settario ma, in varie località, si stanno formando piccoli comitati popolari per prevenire le violenze. Accade, ad esempio, nella cosiddetta “Valle dei cristiani” (“Wadi al Nasara”), nella Siria occidentale, storica roccaforte dei cristiani siriani. Nella valle vi sono oltre 50 villaggi cristiani, con 100mila fedeli, cui si sono aggiunti oltre 200mila profughi. Anche questi villaggi subiscono incursioni di gruppi armati. (PA) (Agenzia Fides 1/10/2013)
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