Il Cairo (Agenzia Fides) - “Speriamo che questi incidenti rimangano isolati, perché stiamo assistendo a quello che da tempo vado dicendo, cioè che tutti i nodi della società egiziana verranno al pettine” dice all’Agenzia Fides p. Luciano Verdoscia, missionario comboniano, che opera da anni al Cairo a contatto con i ragazzi che vivono a Mansheya, il quartiere dei raccoglitori d’immondizia (chiamati “Zabbaleen”), che si trova piedi delle colline Moqattam. In questa zona, secondo quanto ha riferito il Ministro della Sanità egiziano, nella notte tra l’8 e il 9 marzo, 10 persone sono morte in scontri tra musulmani e copti che protestavano per la distruzione della chiesa di Atfih, nella regione di Helwan (vedi Fides 7/3/2011).
P. Verdoscia descrive così la zona delle violenze: “è un quartiere diviso in almeno 7 zone diverse. Una è quella degli Zabbaleen (i raccoglitori di immondizia) dove sono concentrati i cristiani, tutte le altre zone sono abitate da musulmani. Buona parte degli abitanti provengono dal sud dell’Egitto, dove vi sono delle faide che poi sono state trasportate lì. Comunque ci sono anche diversi cristiani che hanno uno spirito ‘bellicoso’. Io vi opero da tempo e sono rimasto colpito dalla violenza verbale degli abitanti del quartiere. Daltronde quando le persone non hanno basi culturali e vivono in condizioni difficili, sono cose che accadono in tutti i Paesi”.
Riferendosi alle violenze verificatesi, p. Luciano afferma: “quello che è accaduto è indicativo di una situazione presente nel Paese che da un lato è data dall’ignoranza, e dall’altro da un’interpretazione sbagliata della religione. Su questo punto anche diversi studiosi musulmani concordano sul fatto che vi sono delle interpretazioni non corrette di alcuni versetti coranici che autorizzerebbero discriminazioni nei confronti delle donne e dei cristiani. Anche il divieto alle donne di manifestare ieri, 8 marzo, in piazza Tahrir, è un segnale negativo, che dimostra la presenza nel mondo arabo di una mentalità discriminatoria nei confronti di certe categorie sociali, come appunto i cristiani e le donne. Spero che la rivoluzione di popolo vada avanti per affrontare questi problemi, altrimenti, non si può escludere il fatto che il Paese scivoli verso la guerra civile, o comunque lo scontro violento tra fazioni”.
“Esistono fortunatamente anche segnali incoraggianti – sottolinea p. Verdoscia -, come la presa di posizione, molto opportuna e positiva, dell’imam di al-Azhar, Ahmed el-Tayeb, che ha condannato la distruzione della chiesa di Atfih, e del capo dell’esercito, che ha promesso la ricostruzione del luogo di culto”.
P. Luciano conclude: “pur nella complessità della situazione, come cristiani, di fronte alle discriminazioni subite dalle nostre comunità, dobbiamo farci sentire, in modo pacifico, dicendo alto e forte che non vogliamo discriminazioni, perché la verità va proclamata”. (L.M.) (Agenzia Fides 9/3/2011)
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