L'Arcivescovo a Gemona per il Capitolo generale delle Suore missionarie del Sacro Cuore
UDINE
(1 luglio, ore 20) - La fede in Gesù non è scontata. Chi lo dice, non
la conosce più. Così l'Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno
Mazzocato, nell'omelia pronunciata nel tardo pomeriggio a Gemona dalle
Suore francescane missionarie del Sacro Cuore, in occasione del loro
Capitolo generale, e che pubblichiamo nella sua versione integrale.
Care sorelle,
medito
con voi la pagina del Vangelo di Marco che la liturgia ci offre in
questa domenica. E’ il racconto di due grandi miracoli di Gesù: la
guarigione dell’emoroissa e la risurrezione della figlia di Giairo.
E’
rovinata dal male la vita della donna emoroissa che per dodici anni
aveva provato tutte le cure, anche dolorose e costose, ma senza
risultato.
E’
completamente rovinata la figlia di Giairo e tutta la sua famiglia
perché quando si perde una figlia a dodici anni anche la famiglia è
segnata per sempre.
Gesù
si ferma accanto a queste persone per guarirle e salvarle; per lottare a
loro favore contro il male cattivo che era più forte di tutto. Il
Vangelo ci assicura che Lui ha in sé la potenza per guarire malattie
incurabili e, addirittura, richiamare alla vita una bambina morta.
Quella bambina non rispondeva
più neppure alla mamma che chissà quanto la chiamava; risponde a Gesù
che le ordina: Io ti dico: alzati!”.
Gesù,
però può guarire e salvare se trova la fede nell’uomo che incontra. La
fede è così necessaria che all’emoroissa arriva dire: “Figlia, la tua
fede ti ha salvata”. E invita Giairo a non aver paura per la morte della
figlia: “soltanto abbi fede”.
In
questi giorni dedicati al Capitolo provinciale vi state domandando che
cosa il Signore chieda alla vostra famiglia religiosa in questo tempo
dell’umanità e della Chiesa.
Il
brano evangelico ci offre una risposta essenziale. Come cristiane e
come consacrate Gesù vi ha chiamate a collaborare con la sua azione di
salvezza e di liberazione dal male a favore degli uomini che ne sono
schiavi.
E
quanto bisogno c’è! Quanto sono vere le parole del libro della Sapienza
ascoltate nella prima lettura: “Per l’invidia del diavolo la morte è
entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono”.
Quante persone anche oggi hanno la vita rovinata dal male!
La
malattia fisica non è neppure il male peggiore; anzi in questo campo la
scienza ha fatto grandi progressi. Satana, per invidia e cattiveria,
sta rovinando i cuori e, di conseguenze, le famiglie, i rapporti tra
persone, l’educazione dei figli, la purezza degli adolescenti e dei
giovani, la sensibilità verso i più deboli. Contro questa azione di
Satana – che spesso non si chiama neppure per nome – siamo veramente
impotenti. Da tante parti ci si lamenta, si fanno dichiarazioni che così
non si può andare avanti, si fa qualche piccolo tentativo di
sensibilizzare. Ma tocchiamo con mano che con le sole sue forze l’uomo
non libera il suo cuore dalla tentazione al male.
A noi cosa chiede Gesù salvatore?
Di
passare, come faceva lui, in mezzo agli uomini e collaborare oggi con
lui per salvare chi si lascia rovinare dal male o già si è rovinato.
Ma sappiamo come si collabora con Gesù?
Su
questo punto abbiamo bisogno di un onesto esame di coscienza perché noi
vescovi, sacerdoti, consacrate abbiamo ceduto alla tentazione di
lottare con le nostre forze contro il male che prende famiglie e
persone. Abbiamo fatto progetti e programmi, incontri e conferenze,
strutture e iniziative nuove.
Sono tutte cose utili se, però, sono costruite attorno alla cosa essenziale che Gesù chiede a Giairo: “Soltanto abbi fede!”.
Ci
siamo trovati in mezzo a giovani, genitori, famiglie che avevano sempre
meno fede; anzi, che davano l’impressione che non erano interessati
alla fede. E anche noi abbiamo cercato di aiutarli con le nostre forze,
strutture e mezzi umani perché queste cose cercavano e sembrano cercare
da noi e non la fede nella potenza di salvezza di Gesù.
Ma
i mezzi umani da soli hanno l’efficacia che avevano avuto i medici con
la donna emoroissa; magari aveva avuto qualche istante di sollievo ma il
sangue non si fermava e la vita se ne andava.
L’unico
modo per amare veramente i nostri fratelli e sorelle, spesso rovinati
dal male, è collaborare con Gesù e con la sua potenza di salvezza.
E
la strada è una sola: “La tua fede ti ha salvata”. Questa è la strada
che Gesù ci chiede di indicare agli uomini e su questa strada ci chiede
di guidarli.
Ma
non si può guidare gli altri su questa strada solo se noi per primi non
l’abbiamo percorsa e continuamente ci sforziamo di percorrerla.
Con
umiltà e sincerità, allora, dobbiamo continuare a chiederci se abbiamo
capito per esperienza che cosa intende Gesù quando dice: “Soltanto abbi
fede” e “La tua fede ti ha salvata”.
Una
delle tentazioni più sottili del diavolo contro i vescovi, i preti, le
consacrate è quella di farci dare per scontata la fede. Quante volte
sento dire tra preti o religiosi: la fede in Gesù è scontata e
guardiamo, invece, a cosa possiamo fare di concreto nella pastorale e
per gli altri. Scusate la durezza ma questa è un’affermazione diabolica
perché chi dà per scontata oggi la sua fede temo che proprio non la
conosca più.
Non
posso soffermarmi più a lungo nel riflettere su cosa significhi
“credere in Gesù salvatore”, su quali siano i passi da fare sulla strada
della fede, su come si alimenti la fede visto che è dono dello Spirito
Santo, su come si verifichi lo stato della nostra fede.
L’Anno
della fede, indetto da Benedetto XVI, sarà occasione provvidenziale per
approfondire proprio questi aspetti della fede che ho elencato.
Concludo
sottolineando ancora il messaggio del brano evangelico che ci è stato
proclamato. La nostra vita di consacrate/i ha senso solo se collaboriamo
con Gesù e con la sua opera di guarigione dal male che continua anche
oggi tra gli uomini. E collaboriamo bene solo se sappiamo guidare i
fratelli sulla strada della fede che li porta ad incontrare il
Salvatore; la strada percorsa dall’emoroissa e da Giairo.
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