Fatti, scritti, immagini, video riguardanti i paesi della Bassa vicini a San Giorgio di Nogaro
giovedì 28 febbraio 2013
Una realtà vivente, in divenire
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Riassunto delle voci ...Papali e non!
BENEDETTO XVI A CASTEL GANDOLFO
"Pregate per il mio successore"
"Non sarà un ritiro a vita privata. Pregate per
il mio successore" così Papa Benedetto 16° si è espresso sulle sue
dimissioni nell'ultima udienza pubblica (IL TESTO),
trasmessa in diretta anche da Radio Spazio 103. In elicottero il Papa
si è trasferito dal Vaticano a Castel Gandolfo, che per due mesi sarà la
sua residenza. Il Papa è apparso, come sempre in questi giorni, sereno.
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Benedetto XVI: «In preghiera sempre vicini» |
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mercoledì 27 febbraio 2013
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La giornata di "speciale missione sotterranea" si concluderà con un concerto
AMERICA/MESSICO - Dal "Flashmob" alla nuova evangelizzazione
Città del Messico (Agenzia Fides) - La missione viaggia nel sottosuolo, sui treni della metropolitana: sabato prossimo 9 marzo un gruppo di giovani cattolici saliranno sulla metropolitana di Città del Messico per portare il messaggio di Cristo alle migliaia di persone che ogni giorno utilizzano questo mezzo di trasporto. "La Mision Subterranea" (Missione nella metropolitana), come è stata definita questa giornata di evangelizzazione, è organizzata per il secondo anno dalla gioventù della Chiesa dell'Immacolata Concezione di Azcapotzalco, e ha come slogan: "Andiamo a diffondere la nostra fede e colui che ne ha bisogno".
La nota inviata a Fides dall'Arcidiocesi di Messico riferisce che hanno aderito all'iniziativa giovani di tutte le parrocchie, contribuendo con le loro doti artistiche, con il supporto logistico, con materiali per l'evangelizzazione. I giovani saranno presenti su tutte le linee della metropolitana, diffondendo il Vangelo attraverso il canto o con altre espressioni artistiche proprie dei giovani.
Questa modalità di missione ha preso spunto dal noto "Flashmob", organizzato circa un mese fa, in cui migliaia di persone, in molte città del mondo, hanno preso la metropolitana seminude "per divertirsi e dimostrare che si può fare qualcosa insieme anche senza essersi incontrati prima". "Noi invece vogliamo portare Parola di Dio in un luogo pubblico come la metro. Con le nostre chitarre, tamburi e la nostra voce vogliamo cantare per evangelizzare. Distribuiamo anche cartoline di santi, perché la gente ci chiede dei santi e di parlare della Bibbia" La giornata di "speciale missione sotterranea" si concluderà con un concerto, a cui parteciperanno centinaia di giovani missionari.
(CE) (Agenzia Fides, 27/02/2013)
martedì 26 febbraio 2013
lunedì 25 febbraio 2013
domenica 24 febbraio 2013
Benedetto XVI: "salgo sul monte", ma non abbandono la Chiesa.
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Benedetto XVI: "salgo sul monte", ma non abbandono la Chiesa
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vaticanit
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(INSERTO PAPA)
Cari fratelli e sorelle, questa Parola di Dio la sento in modo particolare rivolta a me, in questo momento della mia vita. Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze. Invochiamo l'intercessione della Vergine Maria: lei ci aiuti tutti a seguire sempre il Signore Gesù, nella preghiera e nella carità operosa. |
sabato 23 febbraio 2013
Credere è toccare la mano di Dio
Benedetto XVI conclude gli Esercizi spirituali.
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Benedetto XVI conclude gli Esercizi spirituali
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vaticanit
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Credere è toccare la mano di Dio nell'oscurità del mondo, di fronte al male.
Lo ha sottolineato Benedetto XVI questa mattina, prendendo la parola al termine della settimana di Esercizi spirituali ai quali ha assistito e che sono stati predicati dal cardinale Gianfranco Ravasi. Grazie -- ha detto il Papa -- per questi otto anni in cui avete portato con me con affetto, competenza e fede il peso del ministero petrino. E per il futuro, ha aggiunto Benedetto XVI, resta la profonda comunione nella preghiera. In precedenza il cardinale Ravasi aveva svolto un'analogia tra il ritiro del Papa in preghiera e l'immagine biblica del profeta Elia, in ritiro in silenzio sul monte ad ascoltare la voce di Dio e ... |
giovedì 21 febbraio 2013
La scuola statale dell'Infanzia riaprirà lunedì
Acqua inquinata, la scuola
riaprirà lunedì prossimo
San giorgio, i tecnici del Cafc al lavoro per
risolvere il problema ai tubi. Il Comune: le famiglie saranno
tempestivamente informate
La comunità internazionale continua a fare la parte di Ponzio Pilato
ASIA/SIRIA - Nuove stragi a Damasco. Voci su un progetto di attentato contro il Nunzio
Damasco (Agenzia Fides) - Il nunzio vaticano in Siria S. E. Mario Zenari è ancora scosso dalle notizie e dalle immagini sugli attentati che stamattina hanno colpito il centro di Damasco, a partire da quello di piazza al-Shahbandar, dove si trovano, oltre al quartier generale del Baath, anche il ministero delle Finanze e quello dell'Istruzione e, poco lontano, la sede della banca centrale: "E' una carneficina. Corpi carbonizzati e dilaniati, brandelli di carne umana, vigili del fuoco che spegono le fiamme", racconta il rappresentante pontificio all'Agenzia Fides. Le esplosioni hanno fatto tremare le mura e i vetri della Nunziatura. Davanti all'ennesima strage, l'Arcivescovo Zenari conferma le impressioni espresse in recenti dichiarazioni: "Continuiamo a camminare sui morti. Ormai anche a Damasco, quando si gira per le strade, ci si imbatte dovunque in luoghi dove è stato sparso sangue umano innocente: civili, donne, bambini. La cifra di 70mila vittime del conflitto fa ancora più impressione se si pensa a come muore questa gente. Non muoiono nel loro letto, non muoiono di eutanasia. I loro carpi vengono dilaniati e a volte si fa fatica a raccogliere i brandelli per fare i funerali".
Secondo il Nunzio Zenari, davanti al sacrificio del popolo siriano "la comunità internazionale continua a fare la parte di Ponzio Pilato", mentre l'unica via per fermare la spirale di morte e distruzione è "costringere i contendenti a una uscita negoziata e pacifica del conflitto".
Il Nunzio Zenari si dichiara sorpreso delle indiscrezioni - rilanciate dall'agenzia "Alef" - su un possibile attentato contro di lui che sarebbe stato progettato in ambienti militari e dell'intelligence siriana, come rappresaglia contro i suoi recenti pronunciamenti sul conflitto: "Non so quale credibilità attribuire a queste voci. Di solito, chi progetta un attentato non lascia trapelare prima sulla stampa le sue intenzioni. I miei appelli nascono soltanto dal vedere le sofferenze inferte alla popolazione siriana dal conflitto. Sofferenze che si perpetuano nella indifferenza di buona parte della comunità internazionale". Secondo i rumors, riprese da diversi blog siriani, il disegno criminale puntava a colpire il nunzio durante i suoi spostamenti in automobile.
Mons. Zenari invita anche a evitare allarmismi sulle notizie che riguardano la condizione dei cristiani: "I cristiani" sottolinea il Rappresentante pontificio "in questa situazione tragica soffrono come tutti gli altri". (GV) Agenzia Fides 21/2/2013)
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mercoledì 20 febbraio 2013
...come sotto l'effetto di droghe
ASIA/SIRIA - Un cristiano armeno martirizzato, mentre continuano violenze e sequestri
Aleppo (Agenzia Fides) - Un cristiano della comunità armena apostolica è stato ucciso a bruciapelo da terroristi in preda a furore religioso. Yohannes A. (l'Agenzia Fides preferisce non diffondere il cognome per motivi di sicurezza della sua famiglia, ndr), secondo la comunità armena locale, è "un martire del conflitto siriano, perché ucciso in odium fidei". L'uomo si trovava in un convoglio diretto ad Aleppo. Il pulimino su cui trovava è stato fermato per strada da un gruppo di miliziani islamisti che hanno chiesto le carte di identità dei viaggiatori. Avendo notato che il cognome di Yohannes terminava con il suffisso "ian", lo hanno identificato come un armeno. Lo hanno dunque fermato e perquisito, scoprendo che portava una grande croce al collo. A quel punto uno dei terroristi ha sparato sulla croce, dilaniando il petto dell'uomo. Secondo una fonte di Fides nella comunità armena, i "terroristi erano esaltati, erano fuori di sè, come sotto l'effetto di droghe".
La modalità utilizzata da questi posti di blocco, disseminati sulle strade siriane, è comune alle varie bande. Gli autobus sono fermati da posti di blocco, i viaggiatori subiscono ruberie o vengono selezionati per sequestri mirati, come è accaduto ai due sacerdoti Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso) rapiti il 9 febbraio e ancora in mano ai sequestratori.
In un altro episodio, segnalato a Fides, un gruppo di cristiani si stava recando da Qamishli a Beirut, per fuggire dalla drammatica situazione locale. Il bus è stato centrato da un razzo che ha ucciso due persone: un uomo di nome Boutros e una 22enne di nome Naraya, prossima al matrimonio. I banditi hanno rubato tutto. Il gruppo ha preferito tornare indietro a Qamishli, piuttosto che affrontare un viaggio con pericolo mortale. (PA) (Agenzia Fides 20/2/2013)
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martedì 19 febbraio 2013
San Giorgio chiude la Scuola Dell'Infanzia
Residui organici dalle tubature:
il Comune chiude la materna
lunedì 18 febbraio 2013
Gli esercizi spirituali di Benedetto XVI
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domenica 17 febbraio 2013
Benedetto XVI: Il bivio nella vita è seguire l'io o Dio.
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Benedetto XVI: Il bivio nella vita è seguire l'io o Dio
by
vaticanit
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Cinquantamila fedeli hanno pregato questa mattina con Benedetto XVI nel
penultimo Angelus del suo pontificato, recitato dalla finestra del suo
studio che da' su piazza San Pietro. Il Papa ha ringraziato in tutte le
lingue per le preghiere, il sostegno e la vicinanza spirituale "in
questi giorni particolari - ha detto - per la Chiesa e per me".
Commentando il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, proclamato in questa prima domenica di Quaresima, Benedetto XVI ha ricordato che il tentatore è subdolo, perché spingendo a strumentalizzare Dio per i propri fini, "non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i bi ... |
giovedì 14 febbraio 2013
Individualismi e rivalità
Benedetto XVI: no ad individualismi e rivalità nella Chiesa.
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Benedetto XVI: no ad individualismi e rivalità nella Chiesa
by
vaticanit
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Un lungo, commosso applauso di tutti i fedeli raccolti nella Basilica di
San Pietro per la Messa del Mercoledì delle Ceneri ha salutato
Benedetto XVI al termine della sua ultima grande celebrazione liturgica
pubblica. Poco prima il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone,
aveva sottolineato che l'amore profondo per Dio e per la Chiesa ha
spinto il Papa al gesto della rinuncia, rivelando la sua "forza
dell'umiltà e della mitezza, assieme ad un grande coraggio".
All'inizio dell'omelia, il ringraziamento di Benedetto XVI: (INSERTO PAPA 1) Per me è un'occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della Diocesi di Roma, mentre mi accingo a concludere il ministero petrino, e p ... |
Aiuto alla Chiesa che soffre: una Quaresima diversa
VATICANO - Quaresima in comunione con i cristiani che soffrono
Parigi (Agenzia Fides) - Vivere "una Quaresima diversa" con il pensiero rivolto "ai cristiani nel mondo che soffrono per amore di Cristo": è l'invito rivolto a tutti i fedeli del mondo dall'Opera di diritto pontificio "Aiuto alla Chiesa che soffre" (ACS): come riferito all'Agenzia Fides, l'ufficio francese dell'Opera ha lanciato l'iniziativa di dedicare ogni giorno della Quaresima a una realtà, una comunità, una nazione dove i fedeli cristiani soffrono a causa della loro fede. ACS spiega in una nota inviata a Fides che, nell'Anno della Fede, il messaggio del Papa per la Quaresima 2013 definisce il cristiano "persona conquistata dall'amore di Cristo" e che quindi, mosso da questo amore, "è profondamente pratico e aperto all'amore per il prossimo". Con questo spirito, ogni cristiano nel mondo potrà essere in comunione di preghiera con i fratelli perseguitati, in regioni molto lontane. Per realizzare ciò, si useranno i moderni mezzi di comunicazione come lo strumento della rete Internet: registrandosi sul sito web www.40joursdecompassion.org, si riceverà via e-mail, ogni mattina, la preghiera per i cristiani in un dato paese, nonché informazioni sulla loro situazione. (PA) (Agenzia Fides 14/2/2013)
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Riflessioni per un attimo di Pace
Il frammento del giorno
Guarite i malati! (Lc 10)
Se fossi nella pace, non avresti cercato un attimo di
pace.
Se nel regno di Dio fossi già immerso, non
sarebbe vicino.
Manca sempre qualcosa e ti senti insoddisfatto.
Ti chiedi se devi fare di più e la
risposta è no, fai già abbastanza.Forse quello che
fai non va bene, e la risposta è no, va bene così.
Eppure qualcosa si è rotto. Non si tratta di un “problema” specifico, di questa o quella malattia… ma di un’armonia
perduta.
Qualcosa si è rotto, hai perso l’equilibrio. Più ti agiti è più ti allontani, più cerchi di capire e meno rischiara. Sei malato.
Qualcosa si è rotto, hai perso l’equilibrio. Più ti agiti è più ti allontani, più cerchi di capire e meno rischiara. Sei malato.
Gesù, il Maestro, conosce il
tuo desiderio di pace. Guarisce i malati perché la pace che ti offre è sorgente e promessa di felicità piena,
appagante.
Il Maestro sa che non sono le Cose, le Persone, le Malattie che ti “disturbano” ma sei Tu ad essere malato quando dimentichi la tua natura di figlio di Dio, e ti allontani da quell’ordine che sperimenti come salute quando ti senti figlio della pace, pacificatore.
Il Maestro sa che non sono le Cose, le Persone, le Malattie che ti “disturbano” ma sei Tu ad essere malato quando dimentichi la tua natura di figlio di Dio, e ti allontani da quell’ordine che sperimenti come salute quando ti senti figlio della pace, pacificatore.
Gesù, il Maestro, va alla radice e ti
guarda dentro. Vuole restituirti quell’unità che hai perduto, trasformandoti nel padrone della tua Vita, giudice infallibile, in
lotta per la sopravvivenza. E ti dice: «E’ vicino a te il Regno di Dio».
Da http://www.unattimodipace.it/
Da http://www.unattimodipace.it/
Giovani in Veglia Quaresimale
I giovani della
diocesi si incontrano con l'Arcivescovo, in Cattedrale, per la
tradizionale veglia penitenziale di inizio Quaresima, una delle tappe
dell'anno più frequentate da loro. L'appuntamento è venerdì 15 febbraio,
alle ore 20.30. Durante il rito dell'a benedizione e l'imposizione
delle Ceneri, mercoledì 13 febbraio, mons. Mazzocato ha consegnato il Messaggio per la Quaresima, un invito a prendere sul serio tre impegni precisi in preparazione alla Pasqua: la preghiera, il digiuno, l'elemosina.
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Pregare intensamente per il Santo Padre
GIOVEDI' 28 FEBBRAIO IN CATTEDRALE
Aprendo
il ritiro quaresimale del clero al Seminario di Castellerio,
l'Arcivescovo di Udine, mons. Mazzocato, ha invitato i sacerdoti a
«pregare intensamente per il Santo Padre, che sta vivendo gli ultimi
giorni del suo ministero di Successore di Pietro» (L'INTERVENTO
DELL'ARCIVESCOVO) e ha indetto, per lasera del 28 febbraio, una solenne celebrazione eucaristica in Cattedrale, «invitando tutti a unirsi in preghiera in comunione con Benedetto XVI». |
Lettera quaresimale dell'Arcivescovo mons. Mazzocato
«Il valore della vostra fede si prova col fuoco» (1 Pt 1,7)
Udine, 13 febbraio 2013
Care sorelle e fratelli,
mentre inizia la Quaresima, ci chiediamo: come viverla in questo Anno della fede?
Trovo
una risposta nelle parole dell'apostolo Pietro: "Perciò siete ricolmi
di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove,
perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che,
pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra
lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo" (1 Pt 1,6-7).
L'esperienza
della fede in Gesù Cristo ricolma di gioia la mente e il cuore
dell'uomo. Non è, però, una gioia a buon mercato perché la fede va
purificata come l'oro, per risplendere in tutta la sua luce ed essere la
gloria e l'onore del credente quando si troverà davanti a Gesù
nell'incontro finale con lui.
Nella
Lettera apostolica Porta fidei Benedetto XVI invita tutti i cristiani a
vivere l'Anno della fede come occasione di conversione e di
purificazione. Denuncia il grave pericolo che essi pensino "alla fede
come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo
presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato" (n.
2). Se si adagiano in questa falsa sicurezza diventeranno "sale
insipido e luce nascosta" invece di essere testimoni credibili per tante
persone che sentono "di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana
al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere
alla sua sorgente, zampillante di acqua viva" (n. 3). "L'Anno della
fede, in questa prospettiva, è un invito ad un'autentica e rinnovata
conversione al Signore, unico Salvatore del mondo" ( n.6).
Facendo
eco alle parole del Santo Padre, nella Lettera pastorale Ho creduto,
perciò ho parlato, scrivevo: "possiamo fare qualcosa per le persone che
abbandonano la fede sole se, prima di tutto, ripartiamo da noi stessi,
dall'umile coscienza di aver bisogno di conversione, dal desiderio di
vincere la tiepidezza spirituale con un amore vero per nostro Signore
Gesù" (n. 12).
Questa Quaresima 2013 può
essere un tempo favorevole per purificare la nostra fede dalle
incrostazioni dell'abitudine e della superficialità.
Nel
tempo quaresimale, la Chiesa torna a proporci tre impegni precisi: la
preghiera. il digiuno, l'elemosina. Se li prendiamo sul serio, essi
possono essere come il fuoco del crogiuolo che purifica la nostra fede.
1. La preghiera
Durante
la sua agonia nell'orto degli ulivi, Gesù torna per tre volte a
svegliare Pietro, Giacomo e Giovanni, invitandoli: "Vegliate e pregate,
per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole"
(Mt 26,41).
Preferivano dormire piuttosto che stare
vicino a Gesù, partecipando alla sua preghiera nella quale egli offriva
tutto se stesso a Dio Padre, pronto a bere il calice della sua passione.
Il sonno che li prendeva era segno della loro poca fede che sarebbe
stata tenuta sveglia dalla preghiera.
Quante volte
anche noi facciamo esperienza dello stesso sonno dei tre apostoli!
Quando ci viene il pensiero di pregare, veniamo assaliti da una specie
di pigrizia che ci impedisce di dedicare anche solo qualche minuto alla
preghiera.
Magari ci giustifichiamo con la scusa che
non abbiamo tempo. La scusa, però, non regge perché chi non può trovare
in 24 ore almeno qualche minuto per il raccoglimento e la preghiera?
La
verità è più seria e profonda. Quella strana svogliatezza interiore che
ci impedisce di pregare è segno della nostra poca fede e della mancanza
di un desiderio forte di stare alla presenza del Signore per
ascoltarlo.
Per questo Gesù dice ai tre apostoli:
"Vegliate e pregate .. scuotetevi dalla vostra pigrizia e state in
ginocchio accanto a me partecipando alla mia preghiera".
La
preghiera è esperienza impegnativa perché rinnova e purifica la fede;
distacca per qualche minuto da se stessi e dal ritmo degli impegni per
stare in silenzio e aprire mente e cuore al Signore.
Chi,
però, ha la forza di "vegliare e pregare" trova una profonda serenità
del cuore; prova quella gioia intensa che Pietro prometteva ai suoi
cristiani.
2. Il digiuno
Nel Deuteronomio leggiamo questo lamento di Dio: "Mi resero geloso con ciò che non è Dio, mi irritarono con i loro idoli vani" (32,21).
Gli antagonisti di Dio sono gli idoli perché conquistano il cuore dell'uomo trascinandolo ad inginocchiarsi davanti a loro e non davanti all'unico vero Dio. L'idolatria distrugge la fede e rovina la dignità dell'uomo che si riduce a pregare opere delle sue mani o creature inferiori a lui.
Questa tentazione ha accompagnato gli uomini di ogni epoca ed è ancora in mezzo a noi perché il consumismo è, di fatto, una grande idolatria che promette gioia piena nel possedere e consumare.
Per liberarsi dall'idolatria c'è una sola strada: purificare il cuore dall'attrattiva insaziabile di possedere e consumare. Il digiuno è l'esercizio, anche doloroso, che stacca dalla dipendenza delle cose materiali e ridona al cuore la libertà di mettere Dio al primo posto.
Il digiuno purifica la fede perché, rinunciando a delle cose che ci attirano, creiamo nel cuore come un vuoto da riempire con la presenza di Dio cercata nella preghiera.
Si può far digiuno non solo con la gola ma anche con gli occhi staccandoli da immagini vuote, con gli orecchi trovando spazi di totale silenzio, con il corpo rinunciando a soddisfare i nostri istinti.
Proviamo, in questa Quaresima, ad impegnarci in alcune forme di digiuno da ciò che maggiormente ci attira. Riempiamo di preghiera il vuoto creato dal digiuno e purificheremo la nostra fede.
Nel Deuteronomio leggiamo questo lamento di Dio: "Mi resero geloso con ciò che non è Dio, mi irritarono con i loro idoli vani" (32,21).
Gli antagonisti di Dio sono gli idoli perché conquistano il cuore dell'uomo trascinandolo ad inginocchiarsi davanti a loro e non davanti all'unico vero Dio. L'idolatria distrugge la fede e rovina la dignità dell'uomo che si riduce a pregare opere delle sue mani o creature inferiori a lui.
Questa tentazione ha accompagnato gli uomini di ogni epoca ed è ancora in mezzo a noi perché il consumismo è, di fatto, una grande idolatria che promette gioia piena nel possedere e consumare.
Per liberarsi dall'idolatria c'è una sola strada: purificare il cuore dall'attrattiva insaziabile di possedere e consumare. Il digiuno è l'esercizio, anche doloroso, che stacca dalla dipendenza delle cose materiali e ridona al cuore la libertà di mettere Dio al primo posto.
Il digiuno purifica la fede perché, rinunciando a delle cose che ci attirano, creiamo nel cuore come un vuoto da riempire con la presenza di Dio cercata nella preghiera.
Si può far digiuno non solo con la gola ma anche con gli occhi staccandoli da immagini vuote, con gli orecchi trovando spazi di totale silenzio, con il corpo rinunciando a soddisfare i nostri istinti.
Proviamo, in questa Quaresima, ad impegnarci in alcune forme di digiuno da ciò che maggiormente ci attira. Riempiamo di preghiera il vuoto creato dal digiuno e purificheremo la nostra fede.
3. L'elemosina
Il digiuno è completo quando si trasforma in elemosina che generosamente dona ciò di cui ci siamo privati a chi ha bisogno.
Scrive il Papa: "La fede che si rende operosa per mezzo della carità" diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell'uomo" (Porta fidei, n. 6). Egli riprende l'apostolo Giacomo che afferma: "Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa ... Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza calore" (2,17-20).
Le opera di carità rivelano l'autenticità della fede e danno calore alla fede. Credere in Gesù, infatti, non significa, solo, dichiarare che Lui è vissuto, morto e risorto, ma farsi riscaldare dal suo amore che riempie il nostro cuore stretto e povero.
La fede è amore come dichiara il comandamento che riassume tutta la Legge e i Profeti: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22,37-39).
Nell'elemosina generosa noi trasmettiamo una piccola goccia di quell'amore di Gesù che è entrato nel nostro cuore grazie alla fede in Lui. E quella piccola goccia donata riempie di nuova fede il nostro cuore.
Siano tanti i gesti di elemosina in questo tempo di Quaresima che ci fa vivere vicino a persone e famiglie provate dalla crisi fino al punto da faticare a trovare anche i mezzi di sussistenza.
Il digiuno è completo quando si trasforma in elemosina che generosamente dona ciò di cui ci siamo privati a chi ha bisogno.
Scrive il Papa: "La fede che si rende operosa per mezzo della carità" diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell'uomo" (Porta fidei, n. 6). Egli riprende l'apostolo Giacomo che afferma: "Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa ... Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza calore" (2,17-20).
Le opera di carità rivelano l'autenticità della fede e danno calore alla fede. Credere in Gesù, infatti, non significa, solo, dichiarare che Lui è vissuto, morto e risorto, ma farsi riscaldare dal suo amore che riempie il nostro cuore stretto e povero.
La fede è amore come dichiara il comandamento che riassume tutta la Legge e i Profeti: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22,37-39).
Nell'elemosina generosa noi trasmettiamo una piccola goccia di quell'amore di Gesù che è entrato nel nostro cuore grazie alla fede in Lui. E quella piccola goccia donata riempie di nuova fede il nostro cuore.
Siano tanti i gesti di elemosina in questo tempo di Quaresima che ci fa vivere vicino a persone e famiglie provate dalla crisi fino al punto da faticare a trovare anche i mezzi di sussistenza.
Concludo, suggerendo
una piccola preghiera che possiamo ripetere spesso e silenziosamente
durante il giorno. E' l'invocazione del padre che portò il figlioletto a
Gesù perché lo guarisse: "Credo, Signore; aiutami nella mia
incredulità" (Mc 9,24).
mercoledì 13 febbraio 2013
San Giorgio di nogaro al voto
Regione al voto
Domenica 21 e lunedì 22 aprile tornata elettorale unificata per il Friuli Venezia Giulia dove si voterà per il rinnovo del Consiglio e per gli Enti locali che scadono nel corso del 2013
Clicca per leggere l'articolo de ilfriuli.it
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Intervista di Radiovaticana a Enzo Bianchi
◊ “Benedetto XVI ha sempre messo al primo
posto Cristo piuttosto che il suo ministero e la sua persona”: è ciò che
riconosce il priore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi secondo
cui anche con questo gesto straordinario il Papa continua nella sua
missione di “confermare i fratelli nella fede”. Il pensiero di Enzo
Bianchi al microfono di Antonella Palermo:
R. - Certamente ho accolto la notizia con trepidazione data la novità di queste improvvise dimissioni, ma allo stesso tempo - per la conoscenza che ho di Benedetto XVI - mi ha fatto capire che è un gesto coerente con la sua persona, con il suo ministero, con la parola che aveva scritto, dicendo che era disponibile, che era giusto che un Papa, in certe condizioni, lasciasse il ministero petrino. Quindi, devo dire che l’ho accolto con uno spirito di obbedienza: ma non un’obbedienza obbligata, ma un’obbedienza stupita, cordiale. In fondo, è più che mai successore di Pietro anche in quest’atto, perché decentra se stesso rispetto al ministero che lui ha. Questo decentramento Benedetto XVI lo ha sempre mostrato: ha sempre indicato Gesù Cristo più che lui, più che il suo ministero. In questo momento, mi sembra che sia davvero importante agli occhi di tutta la Chiesa, vedere l’umiltà del Papa, il suo amore per la Chiesa, fino a rinunciare a quello che per molti è semplicemente un posto di potere, un posto di grande rilievo nella storia del mondo. Per lui, è semplicemente la risposta a una vocazione del Signore e, finché ha potuto, questa vocazione l’ha assecondata. Adesso che non sente più le forze, rimette tutto in mano alla Chiesa. E’ un gesto esemplare, straordinario: dovrebbe essere di insegnamento per tutti, per tutti.
D. - Dunque, la figura del Pontefice, del Successore di Pietro che guida la barca dei fedeli, non è indebolita ma forse è rafforzata?
R. - Per me è rafforzata, perché - ripeto - emerge sempre di più che non è tanto la persona del Papa - come pure non è tanto la persona di un vescovo, come non è tanto la persona di un priore nella vita monastica - ma è importante che il ministero, quello che a cui siamo chiamati, resti. Che il ministero sia svolto sempre con la grazia di Dio, ma anche con sufficienti forze umane.
D. - Possiamo considerare questo un gesto di sacrificio?
R. - Sì di sacrificio, di chi ama di più la Chiesa che se stesso.
D. - Che effetto le ha fatto ascoltare Benedetto XVI chiedere perdono per tutti i suoi difetti?
R. - Questo il Papa l’ha sempre fatto. Devo dire che Benedetto XVI è sempre stato umile: non ha mai sacralizzato la sua persona, come se potesse essere impeccabile. L’ha scritto prima, molte volte, a riguardo del ministero del Papa e alla persona del Papa.
D. - Questo gesto cade nell’Anno della Fede…
R. - E penso che aiuterà la fede. In qualche misura, oso dire che come Gesù ha detto a Pietro: “E tu conferma nella fede i tuoi fratelli”, anche con questo gesto, lui ci conferma nella fede. Il ministero di Pietro è essenziale alla Chiesa, ma chi ha questo ministero può benissimo anche lasciare il posto al Signore affinchè ponga altri.
R. - Certamente ho accolto la notizia con trepidazione data la novità di queste improvvise dimissioni, ma allo stesso tempo - per la conoscenza che ho di Benedetto XVI - mi ha fatto capire che è un gesto coerente con la sua persona, con il suo ministero, con la parola che aveva scritto, dicendo che era disponibile, che era giusto che un Papa, in certe condizioni, lasciasse il ministero petrino. Quindi, devo dire che l’ho accolto con uno spirito di obbedienza: ma non un’obbedienza obbligata, ma un’obbedienza stupita, cordiale. In fondo, è più che mai successore di Pietro anche in quest’atto, perché decentra se stesso rispetto al ministero che lui ha. Questo decentramento Benedetto XVI lo ha sempre mostrato: ha sempre indicato Gesù Cristo più che lui, più che il suo ministero. In questo momento, mi sembra che sia davvero importante agli occhi di tutta la Chiesa, vedere l’umiltà del Papa, il suo amore per la Chiesa, fino a rinunciare a quello che per molti è semplicemente un posto di potere, un posto di grande rilievo nella storia del mondo. Per lui, è semplicemente la risposta a una vocazione del Signore e, finché ha potuto, questa vocazione l’ha assecondata. Adesso che non sente più le forze, rimette tutto in mano alla Chiesa. E’ un gesto esemplare, straordinario: dovrebbe essere di insegnamento per tutti, per tutti.
D. - Dunque, la figura del Pontefice, del Successore di Pietro che guida la barca dei fedeli, non è indebolita ma forse è rafforzata?
R. - Per me è rafforzata, perché - ripeto - emerge sempre di più che non è tanto la persona del Papa - come pure non è tanto la persona di un vescovo, come non è tanto la persona di un priore nella vita monastica - ma è importante che il ministero, quello che a cui siamo chiamati, resti. Che il ministero sia svolto sempre con la grazia di Dio, ma anche con sufficienti forze umane.
D. - Possiamo considerare questo un gesto di sacrificio?
R. - Sì di sacrificio, di chi ama di più la Chiesa che se stesso.
D. - Che effetto le ha fatto ascoltare Benedetto XVI chiedere perdono per tutti i suoi difetti?
R. - Questo il Papa l’ha sempre fatto. Devo dire che Benedetto XVI è sempre stato umile: non ha mai sacralizzato la sua persona, come se potesse essere impeccabile. L’ha scritto prima, molte volte, a riguardo del ministero del Papa e alla persona del Papa.
D. - Questo gesto cade nell’Anno della Fede…
R. - E penso che aiuterà la fede. In qualche misura, oso dire che come Gesù ha detto a Pietro: “E tu conferma nella fede i tuoi fratelli”, anche con questo gesto, lui ci conferma nella fede. Il ministero di Pietro è essenziale alla Chiesa, ma chi ha questo ministero può benissimo anche lasciare il posto al Signore affinchè ponga altri.
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Non è facile!
Benedetto XVI: convertirsi è dare a Dio il primo posto.
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Benedetto XVI: convertirsi è dare a Dio il primo posto
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"Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo,
del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni
giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l'amore
diventino la cosa più importante". Lo ha detto il Papa questa mattina,
Mercoledì delle Ceneri e primo giorno di Quaresima, nella catechesi
dell'udienza generale tenuta in Aula Paolo VI davanti a circa novemila
fedeli.
Benedetto XVI, dopo aver ricordato la sua decisione di rinunciare al ministero petrino, in questa penultima udienza del suo pontificato ha commentato l'episodio evangelico delle tentazioni del diavolo a Gesù nel deserto, che si possono riassumere nella proposta di "strumentalizzare Dio ... |
Essere cristiani è abbastanza per essere un bersaglio
ASIA/SIRIA - Sequestri, stupri e traffico di profughi siriani
Londra (Agenzia Fides) - Il conflitto in Siria degenera e colpisce tutti i cittadini siriani, indipendentemente da etnia o religione. Ma, come in ogni guerra, la situazione delle minoranze è la peggiore: le minoranze cristiane sono divenute un comodo bersaglio per criminali e terroristi che usano sequestri, stupri, violenze e organizzano il traffico clandestino dei profughi. E' quanto afferma una nota invita all'Agenzia Fides dall'organizzazione non governativa aconfessionale "Minority Rights Group" (MRG), con sede a Londra, che ogni anno redige un dettagliato rapporto sulla condizione delle minoranze etniche, religiose, culturali, in tutto il mondo.
Dopo una capillare indagine condotta fra i campi profughi in Siria, Libano, Turchia, Giordania e colloqui con i rifugiati siriani giunti in Europa, l'organizzazione denuncia, in particolare, la condizione dei profughi di religione cristiana, dando voce "a una minoranza silenziosa che racconta storie strazianti di stupri, rapimenti e traffico di esseri umani".
Come riferito a Fides, la maggior parte dei rifugiati raggiunti dall'Ong "Minority Rights Group" esprime il desiderio di lasciare il Medio Oriente e afferma che, per realizzare questo progetto, è entrata contatto con bande di trafficanti di esseri umani. "Esiste oggi un fiorente business multi-milionario, sviluppatosi intorno alla crisi dei rifugiati siriani", nota l'Ong, raccontando alcuni casi specifici e il commercio messo in atto dai contrabbandieri. Un profugo ha potuto "comprare un passaporto svedese per 7.000 dollari", mentre in Libano si sta organizzando una "mafia dei falsi visti e dei falsi timbri", che organizzazioni illecite garantiscono ai rifugiati per permettere loro di proseguire il viaggio verso l'Europa.
Inoltre, in alcune parti della Siria - hanno raccontato dei profughi fuggiti dalla Mesopotamia - "un cristiano non può più segnalare ingiustizie o crimini. Siamo ostaggi della crescita dell'islamismo militante, ed essere cristiani è abbastanza per essere un bersaglio". Profughi cristiani assiri e siriaci riferiscono di violenze di carattere confessionale subite dai fedeli cristiani a Deir Ezzor o ad Hassake, in Mesopotamia, dopo l'arrivo delle bande dei ribelli, ricordando omicidi a sangue freddo, sequestri e stupro di donne cristiane. "Vogliono forse svuotare la Siria dai cristiani?", si chiedono. Alcuni sacerdoti della comunità cristiana assira esprimono "grave preoccupazione per il futuro dei cristiani in Siria, dato che molti preferiscono emigrare per sfuggire alle violenze. Sua Beatitudine Ignatius Zakka I Iwas, Patriarca della Chiesa Siro-ortodossa, afferma: "Non vogliamo che lascino il paese, ma la cosa importante è che essi vivano in pace e che Dio è con loro, qualsiasi cosa facciano o dovunque siano". (PA) (Agenzia Fides 13/2/2013)
martedì 12 febbraio 2013
L'articolo del Portale della Diocesi di Udine sulle dimissioni di Benedetto XVI
L'INATTESO ANNUNCIO DEL PAPA: LASCIO PER «MANCANZA DI FORZE»
«Unendoci ai cristiani e alle Chiese cattoliche
di tutto il mondo, non possiamo che mettere sotto l'intercessione di
Maria, con una preghiera filiale, anche il nostro Santo Padre». Con
queste parole l'Arcivescovo di Udine, ha incoraggiato tutti i fedeli
alla preghiera per il Santo Padre, durante la celebrazione in Cattedrale
in occasione della Giornata del malato, a poche ore dall'annuncio delle dimissioni dal Pontificato di Benedetto XVI (LE PAROLE DEL PAPA: CARI FRATELLI, VI RINGRAZIO DI CUORE...).
Mons. Mazzocato ha sottolineato la «grande ammirazione per Benedetto
XVI, che ha dimostrato anche in questo momento la sua statura di uomo,
cristiano e pastore, avendo il coraggio di fare una scelta epocale».
Mons. Redaelli: «Ammiriamo la sua fede e il suo coraggio» Don Geretti: «Uomo di grande modernità». Don Bettuzzi: «Si apre una riflessione sul Papato» Tondo dall'India: «Sconcerto ovunque». Franz: «Grande lezione». Serracchiani: «Grande coraggio» |
Perfino a San Giorgio lo conosciamo
L'Arcivescovo carnico, fortunatamente fuori pericolo, è stato dimesso dall'Ospedale
Nella foto: l'auto sulla quale viaggiava mons. Solari.
COCHABAMBA (12
febbraio, ore 17.50) - Grave incidente d’auto, lunedì 4 febbraio in
Bolivia, per l’Arcivescovo di Cochabamba, il carnico mons. Tito Solari,
che fortunatamente è fuori pericolo ed è stato dimesso dall’ospedale. La
notizia è giunta solo oggi da oltre oceano.
L’incidente
è avvenuto mentre, in compagnia di un altro Vescovo, mons. Roberto
Flock, e di due sacerdoti, mons. Solari stava rincasando dopo una
celebrazione liturgica nella località di Capineta. La camionetta
Nissan, condotta proprio dall’Arcivescovo, si è capottata rotolando a
lato della strada lungo una strada vicinale. Mons. Solari e gli altri
passeggeri sono stati soccorsi da una ambulanza e portati al locale
ospedale.
L’Arcivescovo carnico
ha subito un trauma cranico-enecefalico lieve e policontusioni. Il
vescovo mons. Flock si è fratturato due costole mentre gli altri due
sacerdoti hanno subito policontusioni e ferite per la rottura dei
cristalli.
Mons. Solari ebbe un altro grave incidente d’auto nel marzo 2010, dal quale lui e gli altri occupanti dell’auto uscirono illesi.
Prega per il nostro fratello Redento, Don Candido
ERA IL PRETE PIU' ANZIANO DELLA DIOCESI
(fonte:portale della Diocesi di Udine)
Partigiano,
sfuggì per caso alla strage di Porzûs e fu tra i protagonisti del
processo di pacificazione tra le diverse anime della Resistenza in
Friuli
UDINE (12
febbraio, ore 9.45) - È morto ieri sera, presso la Fraternità
sacerdotale, mons. Redento Bello, 99 anni (era il prete più anziano
della diocesi), una delle figure di spicco del clero friulano.
Protagonista e testimone diretto della storia dei nostri giorni, mons. Redento Bello è nato a Silvella, in comune di Fagagna, il 14 giugno 1913. Ordinato sacerdote nel 1937, si è subito trovato in mezzo ad una guerra assurda e terribile, una guerra che ha coinvolto tutti, soldati e civili, uomini e donne, giovani e vecchi, una guerra che ha distrutto il tessuto stesso della società umana, che ha bruciato testimonianze di civiltà secolari.
Protagonista e testimone diretto della storia dei nostri giorni, mons. Redento Bello è nato a Silvella, in comune di Fagagna, il 14 giugno 1913. Ordinato sacerdote nel 1937, si è subito trovato in mezzo ad una guerra assurda e terribile, una guerra che ha coinvolto tutti, soldati e civili, uomini e donne, giovani e vecchi, una guerra che ha distrutto il tessuto stesso della società umana, che ha bruciato testimonianze di civiltà secolari.
Dopo essere stato cappellano militare in un piccolo ospedale da campo a Caporetto, nell'ottobre 1940 fu assegnato al 31º Reggimento di fanteria e spedito sul fronte albanese; da lì passò in Grecia e poi nell'isola di Creta, dove visse la tragedia di quella terra con la profonda sensibilità di chi si sente fratello di tutti. L'annuncio della firma dell'armistizio fu appreso da don Bello a Silvella di Fagagna, dove era ritornato da poco in licenza premio. Alcuni giorni dopo l'8 settembre incontrò ad Udine don Aldo Moretti, un sacerdote che nella Resistenza friulana ha svolto un ruolo di primissimo piano. Fu proprio don Moretti che lo invitò ad unirsi ai giovani che già erano saliti in montagna, che vivevano nei boschi tra Cividale e Gemona, preparandosi a combattere per un mondo più umano, più giusto, più libero. Don Redento si trasferì, così, a Flaipano, sopra Tarcento, dove ebbe come base per i suoi spostamenti la canonica del paese. Qui cominciò ad incontrare i ragazzi che vivevano in clandestinità nelle case sperdute lungo i crinali dei monti ed a prendere contatto con i gruppetti che preferivano rimanere nascosti nel folto dei boschi.
Continuò ad operare
in quella zona fino alla fine di novembre, poi ritornò in pianura dove,
con l'aiuto di un ufficiale degli alpini che si era dato alla macchia,
cominciò ad organizzare le prime formazioni partigiane nel territorio di
Fagagna. In seguito, diventato ufficialmente "cappellano" di Carlino,
anche se in realtà non aveva ricevuto dall'Arcivescovo mons. Nogara
nessun decreto per quell'incarico e l'attività che doveva svolgere era
di ben altra natura, don Bello cominciò a girare in lungo e in largo nei
centri della Bassa chiedendo ai parroci nomi di uomini su cui poter
fare affidamento. In breve tempo riuscì a costituire un gruppo di circa
300 persone, la maggior parte delle quali non era legata ad alcun
partito, voleva, però, riscattare la nostra dignità di popolo, rendere
concreto un sogno chiamato "libertà".
In ogni paese c'erano squadre di tre, quattro uomini, che non conoscevano gli altri, pur sapendo della loro esistenza: ci pensava don Bello a tenere le fila e a coordinare le operazioni: sabotaggi, prelevamenti di armi, di viveri, di denaro, raccolta di informazioni, segnalazioni di movimenti di truppe o di persone sospette erano all'ordine del giorno. Punto di riferimento a Udine era sempre don Moretti! L'organizzazione clandestina, che ancora non si era data una struttura organica precisa, alla fine del 1943 poteva disporre di oltre un migliaio di uomini. Raggiunta l'unità dei vari reparti, la nuova formazione fu chiamata "Osoppo", in ricordo del paese dove nel 1848 gli italiani avevano resistito strenuamente all'assedio austriaco, il cappello d'alpino ed il fazzoletto verde al collo diventarono la divisa del gruppo.
Intanto, sempre più numerosi erano i giovani che andavano ad ingrossare le file partigiane, soprattutto sui monti della Slavia friulana. A rendere nella nostra regione più doloroso che altrove il dramma della Resistenza, aveva concorso, oltre all'occupazione tedesca, il concreto pericolo delle rivendicazioni territoriali avanzate dalle forze partigiane slave. Verso il mese di luglio del 1944 anche don Bello, o meglio don "Candido" come era chiamato in clandestinità, raggiunse le malghe sopra Porzus, dove si trovava il Comando della 1ª brigata "Osoppo".
Due piccoli edifici con i muri di pietra tirati su quasi a secco, il soffitto bassissimo, un tavolo di sasso all'aperto, il selciato intorno. All'interno c'era la piccola cucina con il "fogolâr", in uno sgabuzzino l'altare su cui don "Candido" celebrava la Messa ogni mattina. Lassù egli era il cappellano militare, ma anche l'addetto alla compilazione del diario, nelle sue mani passavano tutte le relazioni del Gruppo Brigate dell'Est, era perciò addentro a tutto ciò che riguardava la formazione "Osoppo". Davanti a quelle malghe, imbiancate di neve fresca, il 7 febbraio 1945, il presidio osovano venne annientato, "soffocato nel sangue da fraterna mano assassina", come si legge sulla lapide posta a ricordo. Don "Candido" quel giorno non era lassù, da tempo era sceso in pianura per ricollegare gruppi di sbandati, non ha, però, mai dimenticato quei ragazzi sacrificati sull'altare dell'ideologia, pedine di un gioco terribile in una partita di politica internazionale.
Ha sempre difeso la loro memoria contro i dubbi, le speculazioni imbastite intorno a questa pagina tragica della nostra Storia, si è battuto per ottenere giustizia per le vittime, per fare chiarezza su uno degli episodi più oscuri della Resistenza friulana. Anche se il tempo scolora i ricordi della guerra, mons. Bello ha commemorato ogni anno il sacrificio di quelle giovani vite. Dopo aver vissuto in prima linea una guerra che ha portato solo morte e sangue, don Bello ha saputo riprendersi e ricominciare, scegliendo la via dell'amore e della tolleranza.
Diventato direttore delle Arti Grafiche Friulane, ha sviluppato l'editoria con particolare attenzione alle pubblicazioni di cultura e di storia friulana. Attualmente era canonico del Capitolo della Cattedrale. Storico fu, nel 2001, il suo bacio con Vanni Padoan, commissario politico della divisione Garibaldi-Natisone.
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Il Partigiano della pace don Redento Bello
E’ morto don Redento Bello, il partigiano osovano che fu protagonista della pace di Porzus
Sfuggito alla strage delle malghe, nel 2002 si riconciliò con il comandante garibaldino Vanni Padoan
lunedì 11 febbraio 2013
Benedetto XVI: rinuncio al ministero di Vescovo di Roma.
|
Benedetto XVI: rinuncio al ministero di Vescovo di Roma
by
vaticanit
|
(INSERTO PAPA originale in latino)
"Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della f ... |
domenica 10 febbraio 2013
Benedetto XVI: fiduciosi nella misericordia divina.
Benedetto XVI: fiduciosi nella misericordia divina
by vaticanit
La vocazione è risposta alla chiamata divina e se Dio propone allora
non dobbiamo avere paura perché la misericordia divina agisce proprio
sulle nostre debolezze. Lo ha sottolineato Benedetto XVI parlando ai
fedeli prima della preghiera dell'Angelus, spiegando il Vangelo della
liturgia odierna che riporta il racconto della chiamata dei due primi
discepoli. Salutando i fedeli dopo la recita dell'Angelus, Benedetto
XVI ha auspicato pace e armonia per le popolazioni dell'estremo
Oriente che festeggiano oggi il Capodanno lunare. Ha ricordato poi la
Giornata Mondiale del Malato, che ricorre domani e viene festeggiata
in modo solenne in Baviera. Il Papa ha detto di essere vicino a tutti
i malati ...
collegati a...
http://www.youtube.com/watch?v=YNwmr1UQie8&feature=em-uploademail
Benedetto XVI: fiduciosi nella misericordia divina
by vaticanit
La vocazione è risposta alla chiamata divina e se Dio propone allora
non dobbiamo avere paura perché la misericordia divina agisce proprio
sulle nostre debolezze. Lo ha sottolineato Benedetto XVI parlando ai
fedeli prima della preghiera dell'Angelus, spiegando il Vangelo della
liturgia odierna che riporta il racconto della chiamata dei due primi
discepoli. Salutando i fedeli dopo la recita dell'Angelus, Benedetto
XVI ha auspicato pace e armonia per le popolazioni dell'estremo
Oriente che festeggiano oggi il Capodanno lunare. Ha ricordato poi la
Giornata Mondiale del Malato, che ricorre domani e viene festeggiata
in modo solenne in Baviera. Il Papa ha detto di essere vicino a tutti
i malati ...
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http://www.youtube.com/watch?v=YNwmr1UQie8&feature=em-uploademail
venerdì 8 febbraio 2013
.....non sarei ora cristiana e religiosa…”.
Oglassa, Darfur, Sudan, 1868 - Schio, Vicenza, 8 febbraio 1947
Nasce nel Sudan nel 1869, rapita all'età di sette anni, venduta più volte, conosce sofferenze fisiche e morali, che la lasciano senza un'identità. Sono i suoi rapitori a darle il nome di Bakhita («fortunata»). Nel 1882 viene comprata a Kartum dal console Italiano Calisto Legnani. Nel 1885 segue quest'ultimo in Italia dove, a Genova, viene affidata alla famiglia di Augusto Michieli e diventa la bambinaia della figlia. Quando la famiglia Michieli si sposta sul Mar Rosso, Bakhita resta con la loro bambina presso le Suore Canossiane di Venezia. Qui ha la possibilità di conoscere la fede cristiana e, il 9 gennaio 1890, chiede il battesimo prendendo il nome di Giuseppina. Nel 1893, dopo un intenso cammino, decide di farsi suora canossiana per servire Dio che le aveva dato tante prove del suo amore. Divenuta suora, nel 1896 è trasferita a Schio (Vicenza) dove muore l'8 febbraio del 1947. Per cinquant'anni ha ricoperto compiti umili e semplici offerti con generosità e semplicità. (Avv.)
Martirologio Romano: Santa Giuseppina Bakhita, vergine, che, nata nella regione del Darfur in Sudan, fu rapita bambina e, venduta più volte nei mercati africani di schiavi, patì una crudele schiavitù; resa, infine, libera, a Venezia divenne cristiana e religiosa presso le Figlie della Carità e passò il resto della sua vita in Cristo nella città di Schio nel territorio di Vicenza prodigandosi per tutti.
Esiste un manoscritto, redatto in italiano e custodito nell’archivio storico della Curia generalizia delle suore Canossiane di Roma, che raccoglie l’autobiografia di santa Bakhita, canonizzata in piazza San Pietro il 1° ottobre scorso fra danze e ritmati canti africani. In questo manoscritto sono racchiuse le brutture a cui fu sottoposta Bakhita nei suoi tragici anni di schiavitù, la sua riacquistata libertà e infine la conversione al cattolicesimo.
“La mia famiglia abitava proprio nel centro dell’Africa, in un subborgo del Darfur, detto Olgrossa, vicino al monte Agilerei... Vivevo pienamente felice…
Avevo nove anni circa, quando un mattino…andai… a passeggio nei nostri campi… Ad un tratto [sbucano] da una siepe due brutti stranieri armati… Uno… estrae un grosso coltello dalla cintura, me lo punta sul fianco e con una voce imperiosa, “Se gridi, sei morta, avanti seguici!””.
Venduta a mercanti di schiavi, iniziò per Bakhita un’esistenza di privazioni, di frustate e di passaggi di padrone in padrone. Poi venne tatuata con rito crudele e tribale: 114 tagli di coltello lungo il corpo: “Mi pareva di morire ad ogni momento… Immersa in un lago di sangue, fui portata sul giaciglio, ove per più ore non seppi nulla di me… Per più di un mese [distesa] sulla stuoia… senza una pezzuola con cui asciugare l’acqua che continuamente usciva dalle piaghe semiaperte per il sale”.
Giunse finalmente la quinta ed ultima compra-vendita della giovane schiava sudanese. La acquistò un agente consolare italiano, Callisto Legnami. Dieci anni di orrori e umiliazioni si chiudevano. E, per la prima volta, Bakhita indossa un vestito.
“Fui davvero fortunata; perché il nuovo padrone era assai buono e prese a volermi bene tanto”. Trascorrono più di due anni. L’incalzante rivoluzione mahdista fa decidere il funzionario italiano di lasciare Khartoum e tornare in patria. Allora “osai pregarlo di condurmi in Italia con sé”. Bakhita raggiunge la sconosciuta Italia, dove il console la regalerà ad una coppia di amici di Mirano Veneto e per tre anni diventerà la bambinaia di loro figlia, Alice.
Ed ecco l’incontro con Cristo. La mamma di Alice, Maria Turina Michieli, decide di mandare figlia e bambinaia in collegio dovendo raggiungere l’Africa per un certo periodo di tempo. La giovane viene ospitata nel Catecumenato diretto dalle Suore Canossiane di Venezia (1888). “Circa nove mesi dopo, la signora Turina venne a reclamare i suoi diritti su di me. Io mi rifiutai di seguirla in Africa… Ella montò sulle furie”. Nella questione intervennero il patriarca di Venezia Domenico Agostini e il procuratore del re, il quale “mandò a dire che, essendo io in Italia, dove non si fa mercato di schiavi, restavo… libera”.
Il 9 gennaio 1890 riceve dal Patriarca di Venezia il battesimo, la cresima e la comunione e le viene imposto il nome di Giuseppina, Margherita, Fortunata, che in arabo si traduce Bakhita.
Nel 1893 entra nel noviziato delle Canossiane. “Pronunciate i santi voti senza timori. Gesù vi vuole, Gesù vi ama. Voi amatelo e servitelo sempre così”, le dirà il cardinal Giuseppe Sarto, nuovo Patriarca e futuro Pio X. Nel 1896 pronuncia i voti e si avvia ad un cammino di santità. Cuoca, sacrestana e portinaia saranno le sue umili mansioni, descritte e testimoniate dal recente e ben riuscito video prodotto dalla Nova-T, dal titolo “Le due valigie, S. Giuseppina Bakhita”, con la regia di Paolo Damosso, la fotografia di Antonio Moirabito e la recitazione di Franco Giacobini e Angela Goodwin. Il titolo si rifà alle parole che Bakhita disse prima di morire: “Me ne vado, adagio adagio, verso l’eternità… Me ne vado con due valigie: una, contiene i miei peccati, l’altra, ben più pesante, i meriti infiniti di Gesù Cristo”.
Donna di preghiera e di misericordia, conquistò la gente di Schio, dove rimase per ben 45 anni. La suora di “cioccolato”, che i bambini provavano a mangiare, catturava per la sua bontà, la sua gioia, la sua fede. Già in vita la chiamano santa e alla sua morte (8 febbraio 1947), sopraggiunta a causa di una polmonite, Schio si vestì a lutto.
Aveva detto: “Se incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita e anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare loro le mani, perché, se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e religiosa…”.
Nasce nel Sudan nel 1869, rapita all'età di sette anni, venduta più volte, conosce sofferenze fisiche e morali, che la lasciano senza un'identità. Sono i suoi rapitori a darle il nome di Bakhita («fortunata»). Nel 1882 viene comprata a Kartum dal console Italiano Calisto Legnani. Nel 1885 segue quest'ultimo in Italia dove, a Genova, viene affidata alla famiglia di Augusto Michieli e diventa la bambinaia della figlia. Quando la famiglia Michieli si sposta sul Mar Rosso, Bakhita resta con la loro bambina presso le Suore Canossiane di Venezia. Qui ha la possibilità di conoscere la fede cristiana e, il 9 gennaio 1890, chiede il battesimo prendendo il nome di Giuseppina. Nel 1893, dopo un intenso cammino, decide di farsi suora canossiana per servire Dio che le aveva dato tante prove del suo amore. Divenuta suora, nel 1896 è trasferita a Schio (Vicenza) dove muore l'8 febbraio del 1947. Per cinquant'anni ha ricoperto compiti umili e semplici offerti con generosità e semplicità. (Avv.)
Martirologio Romano: Santa Giuseppina Bakhita, vergine, che, nata nella regione del Darfur in Sudan, fu rapita bambina e, venduta più volte nei mercati africani di schiavi, patì una crudele schiavitù; resa, infine, libera, a Venezia divenne cristiana e religiosa presso le Figlie della Carità e passò il resto della sua vita in Cristo nella città di Schio nel territorio di Vicenza prodigandosi per tutti.
Esiste un manoscritto, redatto in italiano e custodito nell’archivio storico della Curia generalizia delle suore Canossiane di Roma, che raccoglie l’autobiografia di santa Bakhita, canonizzata in piazza San Pietro il 1° ottobre scorso fra danze e ritmati canti africani. In questo manoscritto sono racchiuse le brutture a cui fu sottoposta Bakhita nei suoi tragici anni di schiavitù, la sua riacquistata libertà e infine la conversione al cattolicesimo.
“La mia famiglia abitava proprio nel centro dell’Africa, in un subborgo del Darfur, detto Olgrossa, vicino al monte Agilerei... Vivevo pienamente felice…
Avevo nove anni circa, quando un mattino…andai… a passeggio nei nostri campi… Ad un tratto [sbucano] da una siepe due brutti stranieri armati… Uno… estrae un grosso coltello dalla cintura, me lo punta sul fianco e con una voce imperiosa, “Se gridi, sei morta, avanti seguici!””.
Venduta a mercanti di schiavi, iniziò per Bakhita un’esistenza di privazioni, di frustate e di passaggi di padrone in padrone. Poi venne tatuata con rito crudele e tribale: 114 tagli di coltello lungo il corpo: “Mi pareva di morire ad ogni momento… Immersa in un lago di sangue, fui portata sul giaciglio, ove per più ore non seppi nulla di me… Per più di un mese [distesa] sulla stuoia… senza una pezzuola con cui asciugare l’acqua che continuamente usciva dalle piaghe semiaperte per il sale”.
Giunse finalmente la quinta ed ultima compra-vendita della giovane schiava sudanese. La acquistò un agente consolare italiano, Callisto Legnami. Dieci anni di orrori e umiliazioni si chiudevano. E, per la prima volta, Bakhita indossa un vestito.
“Fui davvero fortunata; perché il nuovo padrone era assai buono e prese a volermi bene tanto”. Trascorrono più di due anni. L’incalzante rivoluzione mahdista fa decidere il funzionario italiano di lasciare Khartoum e tornare in patria. Allora “osai pregarlo di condurmi in Italia con sé”. Bakhita raggiunge la sconosciuta Italia, dove il console la regalerà ad una coppia di amici di Mirano Veneto e per tre anni diventerà la bambinaia di loro figlia, Alice.
Ed ecco l’incontro con Cristo. La mamma di Alice, Maria Turina Michieli, decide di mandare figlia e bambinaia in collegio dovendo raggiungere l’Africa per un certo periodo di tempo. La giovane viene ospitata nel Catecumenato diretto dalle Suore Canossiane di Venezia (1888). “Circa nove mesi dopo, la signora Turina venne a reclamare i suoi diritti su di me. Io mi rifiutai di seguirla in Africa… Ella montò sulle furie”. Nella questione intervennero il patriarca di Venezia Domenico Agostini e il procuratore del re, il quale “mandò a dire che, essendo io in Italia, dove non si fa mercato di schiavi, restavo… libera”.
Il 9 gennaio 1890 riceve dal Patriarca di Venezia il battesimo, la cresima e la comunione e le viene imposto il nome di Giuseppina, Margherita, Fortunata, che in arabo si traduce Bakhita.
Nel 1893 entra nel noviziato delle Canossiane. “Pronunciate i santi voti senza timori. Gesù vi vuole, Gesù vi ama. Voi amatelo e servitelo sempre così”, le dirà il cardinal Giuseppe Sarto, nuovo Patriarca e futuro Pio X. Nel 1896 pronuncia i voti e si avvia ad un cammino di santità. Cuoca, sacrestana e portinaia saranno le sue umili mansioni, descritte e testimoniate dal recente e ben riuscito video prodotto dalla Nova-T, dal titolo “Le due valigie, S. Giuseppina Bakhita”, con la regia di Paolo Damosso, la fotografia di Antonio Moirabito e la recitazione di Franco Giacobini e Angela Goodwin. Il titolo si rifà alle parole che Bakhita disse prima di morire: “Me ne vado, adagio adagio, verso l’eternità… Me ne vado con due valigie: una, contiene i miei peccati, l’altra, ben più pesante, i meriti infiniti di Gesù Cristo”.
Donna di preghiera e di misericordia, conquistò la gente di Schio, dove rimase per ben 45 anni. La suora di “cioccolato”, che i bambini provavano a mangiare, catturava per la sua bontà, la sua gioia, la sua fede. Già in vita la chiamano santa e alla sua morte (8 febbraio 1947), sopraggiunta a causa di una polmonite, Schio si vestì a lutto.
Aveva detto: “Se incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita e anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare loro le mani, perché, se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e religiosa…”.
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mercoledì 6 febbraio 2013
Benedetto XVI: La dignità dell'uomo è inviolabile..
Benedetto XVI: La dignità dell'uomo è inviolabile.
by vaticanit
"Il peccato rovina tutto", turba la relazione tra l'uomo e Dio, che è all'origine di tutte le cose, e corrompe i rapporti umani. Nella catechesi dell'udienza generale, Benedetto XVI ha approfondito ancora il Credo, soffermandosi, in particolare, sull'incipit della preghiera che qualifica Dio come "Padre Onnipotente", "Creatore del cielo e della terra". Oggi, ha riconosciuto il Papa, è forte la tentazione "di costruirsi da soli il mondo in cui vivere, di non accettare i limiti dell'essere creatura, i limiti del bene e del male, della moralità", considerando l'amore di Dio un "peso di cui liberarsi". Un'inclinazione che mette tutti contro tutti, e l'uomo contro sé stesso, perché, ha ricordato il Pontefi ...
Benedetto XVI: La dignità dell'uomo è inviolabile.
by vaticanit
"Il peccato rovina tutto", turba la relazione tra l'uomo e Dio, che è all'origine di tutte le cose, e corrompe i rapporti umani. Nella catechesi dell'udienza generale, Benedetto XVI ha approfondito ancora il Credo, soffermandosi, in particolare, sull'incipit della preghiera che qualifica Dio come "Padre Onnipotente", "Creatore del cielo e della terra". Oggi, ha riconosciuto il Papa, è forte la tentazione "di costruirsi da soli il mondo in cui vivere, di non accettare i limiti dell'essere creatura, i limiti del bene e del male, della moralità", considerando l'amore di Dio un "peso di cui liberarsi". Un'inclinazione che mette tutti contro tutti, e l'uomo contro sé stesso, perché, ha ricordato il Pontefi ...
Corsi e ricorsi storici
ASIA/SIRIA - I rifugiati siriani armeni in Nagorno-Karabakh: l'Azerbaigian protesta
Yerevan (Agenzia Fides) - Alta tensione fra Armenia e Azerbaigian per l'annosa questione del territorio conteso del Nagorno-Karabakh, enclave controllata dall'Armenia in territorio azero, dopo una guerra conclusa nel 1994. Due soldati azeri sono stati uccisi ieri nell'enclave da un cecchino armeno, secondo quanto denuncia il ministero della difesa dell'Azerbaigian. Si teme una nuova escalation del conflitto, legata anche alla questione del reinsediamento dei profughi ameni siriani nel territorio del Nagorno-Karabakh.
Secondo i dati del governo centrale, circa 6.000 armeni siriani sono arrivati in Armenia, in seguito allo scoppio della violenza in Siria. Circa 100 famiglie siriane armene sono state insediate nei territori controllati dall'Armenia in territorio azero e il sentimento nazionalista sembra essere un fattore determinante nelle aspirazioni di reinsediamento di questi rifugiati. Il Ministro degli esteri azero ha protestato ufficialmente, esprimendo "grave preoccupazione", notando che in Armenia vi sono molti luoghi dove è possibile ospitare i profughi e che questo potrebbe rappresentare il tentativo di mutare gli equilibri demografici nella provincia contesa.
L'Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati, commenta a Fides: "La questione del Nagorno Karabakh è una questione tra Armenia e Azerbaigian. Non vorrei che i profughi siriani fossero coinvolti strumentalmente in questo conflitto. Sappiamo che alcune famiglie amene siriane sono tornate in Armenia, dove magari hanno una casa e figli che studiano all'Università. Queste famiglie si sono trasferite a Yerevan, capitale dell'Armenia, dove so che è stata aperta anche una piccola scuola per i figli delle famiglie provenienti dalla Siria. Non abbiamo notizie dirette su famiglie andate nel Nagorno Karabach. La maggior parte degli armeni di Aleppo vivono qui, nelle condizioni difficili in cui vivono tutti. D'altronde è difficile lasciare la città: non ci sono aerei, l'aeroporto è chiuso, e spostarsi in auto è pericoloso". (PA) (Agenzia Fides 6/2/2012)
Yerevan (Agenzia Fides) - Alta tensione fra Armenia e Azerbaigian per l'annosa questione del territorio conteso del Nagorno-Karabakh, enclave controllata dall'Armenia in territorio azero, dopo una guerra conclusa nel 1994. Due soldati azeri sono stati uccisi ieri nell'enclave da un cecchino armeno, secondo quanto denuncia il ministero della difesa dell'Azerbaigian. Si teme una nuova escalation del conflitto, legata anche alla questione del reinsediamento dei profughi ameni siriani nel territorio del Nagorno-Karabakh.
Secondo i dati del governo centrale, circa 6.000 armeni siriani sono arrivati in Armenia, in seguito allo scoppio della violenza in Siria. Circa 100 famiglie siriane armene sono state insediate nei territori controllati dall'Armenia in territorio azero e il sentimento nazionalista sembra essere un fattore determinante nelle aspirazioni di reinsediamento di questi rifugiati. Il Ministro degli esteri azero ha protestato ufficialmente, esprimendo "grave preoccupazione", notando che in Armenia vi sono molti luoghi dove è possibile ospitare i profughi e che questo potrebbe rappresentare il tentativo di mutare gli equilibri demografici nella provincia contesa.
L'Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati, commenta a Fides: "La questione del Nagorno Karabakh è una questione tra Armenia e Azerbaigian. Non vorrei che i profughi siriani fossero coinvolti strumentalmente in questo conflitto. Sappiamo che alcune famiglie amene siriane sono tornate in Armenia, dove magari hanno una casa e figli che studiano all'Università. Queste famiglie si sono trasferite a Yerevan, capitale dell'Armenia, dove so che è stata aperta anche una piccola scuola per i figli delle famiglie provenienti dalla Siria. Non abbiamo notizie dirette su famiglie andate nel Nagorno Karabach. La maggior parte degli armeni di Aleppo vivono qui, nelle condizioni difficili in cui vivono tutti. D'altronde è difficile lasciare la città: non ci sono aerei, l'aeroporto è chiuso, e spostarsi in auto è pericoloso". (PA) (Agenzia Fides 6/2/2012)
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lunedì 4 febbraio 2013
"Siamo tutti missionari"
ASIA/HONG KONG - "Siamo tutti missionari": parte il cammino della GMG di HongKong promosso dalla Commissione Pastorale Giovanile della diocesi
Hong Kong (Agenzia Fides) - "Siamo tutti missionari": con questo invito è partito il cammino dei giovani della diocesi di Hong Kong, promosso dalla Commissione Pastorale Giovanile della diocesi, verso la Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio 2013. Secondo quanto riporta il bollettino settimanale della diocesi di Hong Kong Kung Kao Po, oltre 200 giovani hanno preso parte all'eucaristia celebrata per l'occasione lo scorso 27 gennaio nella chiesa di San Francesco. Il segretario pastorale della Commissione ha voluto sottolineare che "il tema principale indicato dal Papa - Andate e fate discepoli tutti i popoli! - è fortemente legato alla missione. I fedeli, soprattutto i giovani, devono rinnovarsi, uscire da se stessi e dedicarsi alla missione seguendo lo spirito dei missionari pionieri", ha precisato. Faranno parte della delegazione ufficiale che si recherà a Rio una trentina di giovani di Hong Kong. Gli altri giovani diocesani prenderanno parte alle diverse iniziative organizzate nelle parrocchie sempre in comunione con la Giornata. La celebrazione di questa Giornata, ha detto il segretario pastorale della Commissione "incoraggia i giovani ad assumersi la propria missione, rispondere all'esigenza sociale ed ecclesiale e rispondere alla chiamata del Signore portando il Vangelo a tutti".
(NZ) (Agenzia Fides 2013/02/04)
Hong Kong (Agenzia Fides) - "Siamo tutti missionari": con questo invito è partito il cammino dei giovani della diocesi di Hong Kong, promosso dalla Commissione Pastorale Giovanile della diocesi, verso la Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio 2013. Secondo quanto riporta il bollettino settimanale della diocesi di Hong Kong Kung Kao Po, oltre 200 giovani hanno preso parte all'eucaristia celebrata per l'occasione lo scorso 27 gennaio nella chiesa di San Francesco. Il segretario pastorale della Commissione ha voluto sottolineare che "il tema principale indicato dal Papa - Andate e fate discepoli tutti i popoli! - è fortemente legato alla missione. I fedeli, soprattutto i giovani, devono rinnovarsi, uscire da se stessi e dedicarsi alla missione seguendo lo spirito dei missionari pionieri", ha precisato. Faranno parte della delegazione ufficiale che si recherà a Rio una trentina di giovani di Hong Kong. Gli altri giovani diocesani prenderanno parte alle diverse iniziative organizzate nelle parrocchie sempre in comunione con la Giornata. La celebrazione di questa Giornata, ha detto il segretario pastorale della Commissione "incoraggia i giovani ad assumersi la propria missione, rispondere all'esigenza sociale ed ecclesiale e rispondere alla chiamata del Signore portando il Vangelo a tutti".
(NZ) (Agenzia Fides 2013/02/04)
A Parigi si pensa già alla Quaresima: a Notre Dame des Champs
Ecole de prière
pendant le Carême
La prière personnelle, c’est à la fois si simple et pourtant si difficile … Ennui, distractions, impression de l’absence de Dieu, etc… et souvent abandon des bonnes résolutions d’approfondir sa relation au Christ… Ne vous découragez pas ! Ce carême est l’occasion de (re)voir vos fondamentaux spirituels pour mieux prier au quotidien. Trois frères du Couvent de Paris, fr. Christophe-Marie, fr. Robert et fr. Jean-Alexandre animeront pour leur paroisse une École de prière : formation pratique à la prière personnelle Plus d'informations ici. |
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domenica 3 febbraio 2013
«Rispetto della vita umana, sempre e comunque»
L'appello dell'Arcivescovo nel corso della Festa diocesana della famiglia e della vita
UDINE (3 febbraio, ore 15) - «Solo chi cammina sulla via della carità capisce il segreto della vita, di ogni vita umana; capisce perché va rispettata sempre e comunque al di là di ogni interesse; scopre la dignità di ogni persona della quale mai è lecito approfittare, anche se è in stato di estrema debolezza e di apparente inutilità». Sono parole dell’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, in occasione della celebrazione della 35ª Giornata della vita e della «Festa diocesana della famiglia e della vita» di domenica 3 febbraio all’Istituto Bearzi di Udine.
Durante la celebrazione della Messa nella Chiesa di San Giovanni Bosco, davanti alle tante famiglie presenti, mons. Mazzocato ha indicato la strada maestra affinché ognuno possa essere vero difensore della vita e della dignità di ogni persona umana. «Quando si abbandona la via della carità – ha proseguito – non si capisce più anche se si crede di capire. Ascoltiamo tanti discorsi sull’embrione, sul diritto all’aborto, sui modi per generare un figlio, sulla condizione delle persone gravemente disabili o anziane. Spesso sembrano discorsi molto logici e scientifici che, però, concludono affermando il diritto alla soppressione di una vita umana, a selezionare un figlio che nasce, a decidere sull’esistenza di una persona debole».
Nedl corso dell’omelia mons. Mazzocato ha ricordato anche la testimonianza di Madre di Teresa di Calcutta quando, invitata all’Onu a sorpresa, parlò della tragedia dell’aborto lanciando alle donne un accorato appello: «Se non volete il figlio portatelo a me». «Fu una sorpresa – ha sottolineato – per chi non capiva più che il rispetto della persona umana comincia dal rispetto iniziale della sua vita, da quando un uomo e una donna generano una nuova creatura che ha comunque il diritto di vivere.».
Dall’Arcivescovo è giunto anche l’invito a sostenere con la preghiera i tanti sposi e genitori cristiani della Chiesa diocesana «che, grazie all’amore vissuto, capiscono e ci aiutano a capire che il piccolo essere che inizia a formarsi nel grembo della mamma è già un figlio che va comunque accolto e che ha grande dignità anche qualora non si presentasse perfetto rispetto ad alcuni criteri solo utilitaristici».
La Festa ospitata al Bearzi, promossa dall’Ufficio di Pastorale familiare e Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Udine, è stata aperta, in mattinata, da un momento di riflessione e preghiera insieme all’Arcivescovo mons. Mazzocato e a don Alessio Geretti, delegato episcopale per la Cultura e la Catechesi. A seguire l’atteso incontro con Jean Marie Le Méné, genero di Jérome Lejeune, scienziato cattolico francese che scoprì il nesso fra la sindrome di Down e il trisoma 21, di cui è in atto il processo di beatificazione. Medico e ricercatore che, prendendo posizioni controcorente, ha sempre affermato l’immenso valore di ogni singolo uomo. E fino a domenica 10 febbraio è visitabile la mostra dal titolo «Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? Genetica e natura nello sguardo di Jérome Lejeune»; nell’aula magna dell’Università di Udine, in piazzale Kolbe, propone un viaggio alla scoperta dell’uomo attraverso lo sguardo del medico francese che fu grande amico di Papa Giovanni Paolo II.
La giornata di festa, dopo il pranzo comunitario, ha proposto anche uno spettacolo teatrale per adulti e bambini dal titolo «Nati in casa» di Giuliana Musso e Massimo Somaglino.
Di seguito il testo integrale dell’omelia dell’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, in occasione della celebrazione eucaristica nella Giornata per la vita (Udine, Chiesa di San Giovanni Bosco, Istituto Bearzi).
«Abbiamo ascoltato nella seconda lettura della Parola di Dio il grande capitolo 13 della prima lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi. E’ giustamente chiamato “inno alla carità” perché è attraversato da un ritmo trionfale, da un crescendo continuo che sfocia nella dichiarazione finale che ci apre all’eternità: “Rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità”.
Paolo inizia il suo inno dicendo: “vi mostro la via più sublime” sulla quale camminare tutta la vita: è la via della carità. L’ha aperta Gesù perché, a causa dei loro peccati gli uomini l’avevano smarrita. Gesù, per primo, ha camminato tutta la vita lungo la via della carità, come ci ricorda S. Giovanni iniziando il racconto dell’ultima cena: “Avendo amati i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla misura suprema”. Ha chiamato, poi, i suoi discepoli a seguirlo lungo questa stessa via: “Vi lascio un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”.
Solo chi cammina sulla via della carità capisce il segreto della vita, di ogni vita umana; capisce perché va rispettata sempre e comunque al di là di ogni interesse; scopre la dignità di ogni persona della quale mai è lecito approfittare, anche se è in stato di estrema debolezza e di apparente inutilità.
Quando si abbandona la via della carità non si capisce più anche se si crede di capire. Ascoltiamo tanti discorsi sull’embrione, sul diritto all’aborto, sui modi per generare un figlio, sulla condizione delle persone gravemente disabili o anziane. Spesso sembrano discorsi molto logici e scientifici che, però, concludono affermando il diritto alla soppressione di una vita umana, a selezionare un figlio che nasce, a decidere sull’esistenza di una persona debole.
Sembrano ragionamenti molto chiari e logici ma, di fatto, non capiscono più il mistero della vita e della persona umana perché vengono da menti e da cuori che hanno perso la via della carità.
Fece molta impressione il discorso di Madre Teresa di Calcutta quando fu invitata all’ONU. I membri di quella importante assemblea mondiale si aspettavano da lei parole conto le ingiustizie sociali e a difesa dei poveri e degli emarginati per i quali quella santa suora stava spendendo la vita. A sorpresa, ella parlò della tragedia dell’aborto lanciando alle donne un accorato appello: se non volete il figlio portatelo a me. Fu una sorpresa per chi non capiva più che il rispetto della persona umana comincia dal rispetto iniziale della sua vita, da quando un uomo e una donna generano una nuova creatura che ha comunque il diritto di vivere. Madre Teresa capiva bene questo perché seguiva Gesù camminando sulla via che lui ha tracciato: la via sublime della carità; perché passava ore e ore in preghiera e adorazione eucaristica per imparare dal Sacro Cuore di Gesù come si ama il proprio fratello.
In questa giornata della vita, le parole di S. Paolo e l’esempio di Madre Teresa ci ricordano la condizione prima per essere veri difensori della vita e della dignità di ogni persona umana: stare dietro a Gesù lungo quella via della carità che lui ha aperto in mezzo agli uomini.
E qui penso, in particolare ai tanti sposi e genitori cristiani della nostra Chiesa diocesana. Per vocazione Gesù li ha chiamati a vivere di amore reciproco e quotidiano e a generare figli come frutto del loro amore. Sono questi sposi e genitori che, grazie all’amore vissuto, capiscono e ci aiutano a capire che il piccolo essere che inizia a formarsi nel grembo della mamma è già un figlio che va comunque accolto e che ha grande dignità anche qualora non si presentasse perfetto rispetto ad alcuni criteri solo utilitaristici.
Alla voce di questi sposi e genitori dobbiamo dare più spazio perché è troppo mortificata nei pubblici dibattiti. E nella Chiesa dobbiamo aiutarli con la preghiera e con ogni sostegno perché non è facile la loro missione; ma è importantissima per il futuro del nostro Friuli. Perché resta vero che solo chi cammina lungo la via sublime della carità capisce il mistero della vita umana e sa difenderla».
sabato 2 febbraio 2013
Quasi la metà degli sfollati sono bambini
ASIA/SIRIA - La metà degli sfollati sono bambini: è emergenza anche per l'istruzione
Amman (Agenzia Fides) - Centinaia di migliaia di famiglie siriane continuano a fuggire dalla violenza che persiste nel loro paese dal mese di marzo del 2011 e vivono in tende con lo stretto indispensabile. Finora 635 mila persone hanno dovuto abbandonare le rispettive abitazioni con gravi ripercussioni prevalentemente sui bambini. Nel campo profughi di Zaatari, a 80 chilometri di distanza da Amman, in Giordania, hanno trovato riparo almeno 45 mila famiglie. Secondo le stime delle Nazioni Unite quasi la metà degli sfollati sono bambini, molti dei quali vivono in pessime condizioni e senza alcun accesso all'istruzione. Tra le iniziative promosse per cercare di aiutare questi piccoli, l'UNICEF ha organizzato, in scuole prefabbricate, classi per alunni di scuola elementare e media. Le bambine vanno la mattina e i bambini il pomeriggio, sono circa 4500, e sono seguiti da un gruppo di insegnanti giordani. Sono tante le organizzazioni di tutto il mondo che offrono il proprio aiuto per l'educazione dei piccoli sfollati ma rimane insuperabile l'ostacolo la lingua. Nella provincia di Homs circa 210 mila minori hanno bisogno di aiuti umanitari, e un totale di 420 mila persone sono in stato di emergenza. Delle 1500 scuole presenti in tutta la provincia, circa 200 hanno subito danni e altre 65 sono state trasformate in centri di accoglienza. Nella regione di Homs, il Fondo per l'Infanzia delle Nazioni Unite ha distribuito teli, coperte, articoli per l'igiene e capi di abbigliamento. Solo nella città di Talbiseh, sono stati distribuiti migliaia di questi articoli, compresi 2000 capi di abbigliamento per i bambini. (AP) (2/2/2013 Agenzia Fides)
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