◊ “Benedetto XVI ha sempre messo al primo
posto Cristo piuttosto che il suo ministero e la sua persona”: è ciò che
riconosce il priore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi secondo
cui anche con questo gesto straordinario il Papa continua nella sua
missione di “confermare i fratelli nella fede”. Il pensiero di Enzo
Bianchi al microfono di Antonella Palermo:
R. - Certamente ho accolto la notizia con trepidazione data la novità di queste improvvise dimissioni, ma allo stesso tempo - per la conoscenza che ho di Benedetto XVI - mi ha fatto capire che è un gesto coerente con la sua persona, con il suo ministero, con la parola che aveva scritto, dicendo che era disponibile, che era giusto che un Papa, in certe condizioni, lasciasse il ministero petrino. Quindi, devo dire che l’ho accolto con uno spirito di obbedienza: ma non un’obbedienza obbligata, ma un’obbedienza stupita, cordiale. In fondo, è più che mai successore di Pietro anche in quest’atto, perché decentra se stesso rispetto al ministero che lui ha. Questo decentramento Benedetto XVI lo ha sempre mostrato: ha sempre indicato Gesù Cristo più che lui, più che il suo ministero. In questo momento, mi sembra che sia davvero importante agli occhi di tutta la Chiesa, vedere l’umiltà del Papa, il suo amore per la Chiesa, fino a rinunciare a quello che per molti è semplicemente un posto di potere, un posto di grande rilievo nella storia del mondo. Per lui, è semplicemente la risposta a una vocazione del Signore e, finché ha potuto, questa vocazione l’ha assecondata. Adesso che non sente più le forze, rimette tutto in mano alla Chiesa. E’ un gesto esemplare, straordinario: dovrebbe essere di insegnamento per tutti, per tutti.
D. - Dunque, la figura del Pontefice, del Successore di Pietro che guida la barca dei fedeli, non è indebolita ma forse è rafforzata?
R. - Per me è rafforzata, perché - ripeto - emerge sempre di più che non è tanto la persona del Papa - come pure non è tanto la persona di un vescovo, come non è tanto la persona di un priore nella vita monastica - ma è importante che il ministero, quello che a cui siamo chiamati, resti. Che il ministero sia svolto sempre con la grazia di Dio, ma anche con sufficienti forze umane.
D. - Possiamo considerare questo un gesto di sacrificio?
R. - Sì di sacrificio, di chi ama di più la Chiesa che se stesso.
D. - Che effetto le ha fatto ascoltare Benedetto XVI chiedere perdono per tutti i suoi difetti?
R. - Questo il Papa l’ha sempre fatto. Devo dire che Benedetto XVI è sempre stato umile: non ha mai sacralizzato la sua persona, come se potesse essere impeccabile. L’ha scritto prima, molte volte, a riguardo del ministero del Papa e alla persona del Papa.
D. - Questo gesto cade nell’Anno della Fede…
R. - E penso che aiuterà la fede. In qualche misura, oso dire che come Gesù ha detto a Pietro: “E tu conferma nella fede i tuoi fratelli”, anche con questo gesto, lui ci conferma nella fede. Il ministero di Pietro è essenziale alla Chiesa, ma chi ha questo ministero può benissimo anche lasciare il posto al Signore affinchè ponga altri.
R. - Certamente ho accolto la notizia con trepidazione data la novità di queste improvvise dimissioni, ma allo stesso tempo - per la conoscenza che ho di Benedetto XVI - mi ha fatto capire che è un gesto coerente con la sua persona, con il suo ministero, con la parola che aveva scritto, dicendo che era disponibile, che era giusto che un Papa, in certe condizioni, lasciasse il ministero petrino. Quindi, devo dire che l’ho accolto con uno spirito di obbedienza: ma non un’obbedienza obbligata, ma un’obbedienza stupita, cordiale. In fondo, è più che mai successore di Pietro anche in quest’atto, perché decentra se stesso rispetto al ministero che lui ha. Questo decentramento Benedetto XVI lo ha sempre mostrato: ha sempre indicato Gesù Cristo più che lui, più che il suo ministero. In questo momento, mi sembra che sia davvero importante agli occhi di tutta la Chiesa, vedere l’umiltà del Papa, il suo amore per la Chiesa, fino a rinunciare a quello che per molti è semplicemente un posto di potere, un posto di grande rilievo nella storia del mondo. Per lui, è semplicemente la risposta a una vocazione del Signore e, finché ha potuto, questa vocazione l’ha assecondata. Adesso che non sente più le forze, rimette tutto in mano alla Chiesa. E’ un gesto esemplare, straordinario: dovrebbe essere di insegnamento per tutti, per tutti.
D. - Dunque, la figura del Pontefice, del Successore di Pietro che guida la barca dei fedeli, non è indebolita ma forse è rafforzata?
R. - Per me è rafforzata, perché - ripeto - emerge sempre di più che non è tanto la persona del Papa - come pure non è tanto la persona di un vescovo, come non è tanto la persona di un priore nella vita monastica - ma è importante che il ministero, quello che a cui siamo chiamati, resti. Che il ministero sia svolto sempre con la grazia di Dio, ma anche con sufficienti forze umane.
D. - Possiamo considerare questo un gesto di sacrificio?
R. - Sì di sacrificio, di chi ama di più la Chiesa che se stesso.
D. - Che effetto le ha fatto ascoltare Benedetto XVI chiedere perdono per tutti i suoi difetti?
R. - Questo il Papa l’ha sempre fatto. Devo dire che Benedetto XVI è sempre stato umile: non ha mai sacralizzato la sua persona, come se potesse essere impeccabile. L’ha scritto prima, molte volte, a riguardo del ministero del Papa e alla persona del Papa.
D. - Questo gesto cade nell’Anno della Fede…
R. - E penso che aiuterà la fede. In qualche misura, oso dire che come Gesù ha detto a Pietro: “E tu conferma nella fede i tuoi fratelli”, anche con questo gesto, lui ci conferma nella fede. Il ministero di Pietro è essenziale alla Chiesa, ma chi ha questo ministero può benissimo anche lasciare il posto al Signore affinchè ponga altri.
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