LUCA DONDONI Fonte
milano
Edera, in inglese Ivy, è il titolo scelto dalla cantautrice Elisa per dare titolo e nome al suo ultimo disco e al tour che ha preso il via ufficialmente a Milano, dal Teatro degli Arcimboldi. Strano spettacolo quello di Elisa, come diviso in due anche concettualmente, (due infatti le sezioni: «acqua» e «fuoco») con una prima parte decisamente lenta, non volendo evocare proprio lo spettro della noia sempre più presente. Fortunatamente la seconda parte, «il fuoco», appunto per rispettare il suo nome, ha svolto bene il suo lavoro di incenerimento e la pianta della noia è bruciata in un lampo. Verso la fine, poi, canzoni eccitanti come Rainbow, It is what it is la bella versione di 1979 degli Smashing Pumpkins, Ti vorrei sollevare, o l’ottima Gli ostacoli del cuore hanno ravvivato il pubblico.
La sensazione è che la colpa della noia iniziale risieda nella scaletta "acquatica". L'atmosfera rarefatta, la scelta di cantare sempre seduta di fronte a un leggìo di legno massello, non hanno aiutato la protagonista. Peggio ha fatto l’ingresso in scena del piccolo coro ArteMia di Torviscosa. Poco meno di trenta ragazzini dalle voci bianche come le tuniche che indossavano e li facevano assomigliare a tanti piccoli Casper capitati lì per caso. In più l’acustica degli Arcimboldi non ha premiato le loro voci sussurrate e l’impatto si è quindi rivelato più scenografico che sostanziale.
Come un arcobaleno, nel bel mezzo, è arrivato salvifico il Fuoco sottoforma di un’altra bella cover, quella di Almeno tu nell’universo di Mia Martini che Elisa ha interpretato magistralmente. Finalone con Luce (tramonti a nord est) che la fresca mamma di Emma portò alla vittoria al Cinquantunesimo Festival di Sanremo (2001) e che la rivelò agli italiani. «Grazie a tutti per essere qui - ha detto la cantante alla fine - e grazie soprattutto per esserci in questi giorni in cui l’Italia festeggia i suoi 150 anni. Essere insieme in questi giorni di festa uniti e riuniti, ci rende fiduciosi per un futuro migliore».
La sensazione è che la colpa della noia iniziale risieda nella scaletta "acquatica". L'atmosfera rarefatta, la scelta di cantare sempre seduta di fronte a un leggìo di legno massello, non hanno aiutato la protagonista. Peggio ha fatto l’ingresso in scena del piccolo coro ArteMia di Torviscosa. Poco meno di trenta ragazzini dalle voci bianche come le tuniche che indossavano e li facevano assomigliare a tanti piccoli Casper capitati lì per caso. In più l’acustica degli Arcimboldi non ha premiato le loro voci sussurrate e l’impatto si è quindi rivelato più scenografico che sostanziale.
Come un arcobaleno, nel bel mezzo, è arrivato salvifico il Fuoco sottoforma di un’altra bella cover, quella di Almeno tu nell’universo di Mia Martini che Elisa ha interpretato magistralmente. Finalone con Luce (tramonti a nord est) che la fresca mamma di Emma portò alla vittoria al Cinquantunesimo Festival di Sanremo (2001) e che la rivelò agli italiani. «Grazie a tutti per essere qui - ha detto la cantante alla fine - e grazie soprattutto per esserci in questi giorni in cui l’Italia festeggia i suoi 150 anni. Essere insieme in questi giorni di festa uniti e riuniti, ci rende fiduciosi per un futuro migliore».
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