Tripoli (Agenzia Fides) - "Verso mezzanotte, l'una, abbiamo sentito l'esplosione di alcune bombe in lontananza. Avranno colpito la caserma di Bab-Al Ziziya (la residenza di Gheddafi). Colpiscono sempre lì, ma non so dove vogliano arrivare, perché, come ho sempre detto, con i bombardamenti non si risolve niente" dice all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli.
Nei giorni scorsi la chiesa copto ortodossa, che si trova nei pressi di una caserma colpita da un bombardamento, aveva subito diversi danni: porte sventrate, vetri rotti... (vedi Fides 1/6/2011). "Abbiamo avuto un incontro cui erano presenti tutti i capi delle diverse denominazioni cristiane presenti a Tripoli, per esprimere solidarietà al nostro confratello copto ortodosso per i danni subiti dalla sua chiesa" racconta Mons. Martinelli. "Ci siamo uniti per deplorare l'accaduto ma soprattutto per pregare, perché la violenza si plachi. In tutti noi resta però la domanda: perché sta accadendo tutto questo? Siamo rimasti esterrefatti dall'incapacità della diplomazia internazionale e, forse, dal suo pregiudizio che rende impossibile il dialogo con la dirigenza di Tripoli".
La mediazione dell'Unione Africana condotta dal Presidente sudafricano Zuma non ha finora prodotto risultati. Secondo Mons. Martinelli "il Sudafrica aveva comunque dato un segno di buona volontà. che qui è stato ricevuto e, pare, qualcosa si è mosso. Il problema però è che nessuna altra diplomazia ha sostenuto questo cammino. Mi sembra che vi sia un pregiudizio di fondo che mina i tentativi di mediazione e di arrivare ad una tregua. Mi colpisce che la NATO abbia rinnovato di altri 3 mesi l'operazione militare in Libia senza tenere conto di alcuna possibilità di dialogo, come chiesto dall'Onu e dal Santo Padre" dice il Vicario Apostolici di Tripoli
Mons. Martinelli si dice infine preoccupato perché riesce con molta fatica a comunicare con la comunità cattolica in Cirenaica, dove sono stati segnalati alcuni attentati: "Siamo isolati da Bengasi e non riusciamo a metterci in contatto con le diverse comunità della Cirenaica. Voler dividere la Libia significa creare anche il terreno fertile per atti terroristici". (L.M.) (Agenzia Fides 4/6/2011)
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