mercoledì 29 gennaio 2014

La Comunità ha presentato ricorso in appello contro la sentenza

Il Consiglio di Stato: il Comune di Marano deve gestire la laguna

È l’unica autorità che può decidere in materia di usi civici. «Inammissibile il ricorso presentato dalla Comunità»

lunedì 27 gennaio 2014

Messaggero Veneto: 23 comuni pe la TAV

Tav, vertice di sindaci
friulani e veneti

A Torviscosa riunione di 23 Comuni Fvg interessati al tratto Isonzo-Tagliamento. Benigno: «Sdoppiamento dei tracciati»

giovedì 23 gennaio 2014

India, violenza anticristiana

ASIA/INDIA - Oltre 4.000 casi di violenza anticristiana: il “Rapporto sulle persecuzioni” presentato ai Vescovi
Mumbai (Agenzia Fides) – Sono oltre 4.000 casi di violenza anticristiana registrati nel 2013, operati soprattutto da gruppi estremisti indù attivi nel paese. Gli episodi includono l’omicidio di 7 fedeli, fra cui un minore; abusi e percosse su 1.000 donne, 500 bambini e circa 400 preti di diverse confessioni; attacchi a oltre 100 chiese e luoghi di culto cristiano. Sono le cifre contenute nel nuovo “Rapporto sulle persecuzioni 2013” elaborato da un forum di enti e organizzazioni cristiane nella società civile indiana, e inviato all’Agenzia Fides.
Il Rapporto è stato presentato nei giorni scorsi al Card. Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza Episcopale dell’India. Come riferito a Fides, Il documento è stato redatto grazie alla collaborazione fra le associazioni “Catholic Secular Forum” (CSF), “All India Christian Council”, “Evangelical Fellowship of India”, “Global Council of Indian Christians”, “World Watch Monitor”. Hanno consegnato il Rapporto ai Vescovi i due laici cattolici Joseph Dias e il giudice Michael Saldanha, rispettivamente Segretario e presidente di CSF.
Sui 4.000 incidenti, documentati in modo dettagliato nel testo inviato a Fides, oltre 200 sono gravi casi di persecuzione avvenuti soprattutto in alcuni stati: spiccano il Karnataka dove, nonostante il cambio di governo, la persecuzione cristiana è più diffusa; e il Maharashtra che “sembra essere il prossimo laboratorio dell’estremismo indù” nota il testo. Altri stati nella “top-ten” delle persecuzioni sono: Andra Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Orissa, Madhya Pradesh, Tamil Nadu, Kerala.
Il Rapporto esamina anche le falle nel sistema giuridico indiano, che permettono la diffusione delle violenze e l’impunità dei colpevoli. Le leggi “sotto accusa” sono l’Ordine presidenziale del 1950, che nega ai dalit cristiani e di altre minoranze i diritti riconosciuti ai dalit indù; le leggi anti-conversione, in vigore in sette stati indiani come Orissa, Arunachal Pradesh, Madhya Pradesh (dove le pene sono state inasprite), Rajasthan, Gujarat, Chhattisgarh, Himachal Pradesh.
Il Rapporto rileva che una legge globale per fermare la violenza, presentata lo scorso anno, resta ferma in Parlamento, che non l’ha ancora esaminata e discussa. Nella maggior parte di casi esaminati, “la polizia rifiuta di registrare le denunce” e i mass media indiani omettono di riportare e le notizie o le minimizzano, conclude il testo. (PA) (Agenzia Fides 23/1/2014)

Paratie: sull’operazione sembra stagliarsi l’ ombra del colosso statunitense Bechtel

Cimolai, aziende dell’indotto a rischio

San Giorgio: il contenzioso per il Canale di Panama che coinvolge la società friulana preoccupa gli imprenditori della Ziac

mercoledì 22 gennaio 2014

Due post in uno solo nel giorno di Ginevra 2

ASIA/SIRIA - Ginevra 2: il Jesuit Refugee Service chiede una soluzione negoziata e più sostegno ai profughi
Damasco (Agenzia Fides) – Fare pressioni sul governo siriano e sull’opposizione per un cessate il fuoco immediato e una soluzione negoziata; consentire l’accesso e l’opera delle organizzazioni umanitarie sul terreno; aumentare il sostengo finanziario per i profughi: sono le raccomandazioni che il “Jesuit Refugee Service” (Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati) invia alla comunità internazionale, alla vigilia della Conferenza di Ginevra 2, al via oggi, che cercherà una soluzione per la crisi siriana.
Il prezioso servizio del “Jesuit Refugee Service” (JRS) in Siria si concentra principalmente su due fronti: aiuti di emergenza per i più bisognosi e attività educative. Tali sforzi intendono favorire la riconciliazione e migliorare la convivenza tra persone di diversa estrazione socio-economica e di fede. Attualmente, il JRS in Siria offre supporto educativo e psicosociale a 9.800 fra bambini e donne. In totale, circa 200.000 persone sono aiutati dal JRS a Damasco, Homs, Aleppo e nelle zone costiere della Siria.
In una nota invita a Fides, il JRS, invita la comunità internazionale a “dare priorità a sforzi diplomatici per concordare una tregua e raggiungere una soluzione negoziata del conflitto. Questo processo – si afferma – deve includere la significativa partecipazione di gruppi della società civile siriana, al di là delle differenze sociali, religiose ed etniche”. Inoltre, prosegue il testo, “bisogna fare pressione sui belligeranti perché consentano le operazioni umanitarie e tutelino personale impegnato nell’assistenza”. Il JRS chiede “di aumentare le risorse finanziarie destinate alle iniziative umanitarie e che i paesi ospitanti cooperino con le autorità per contrastare la crescente discriminazione e xenofobia”. (PA) (Agenzia Fides 22/1/2014)
ASIA/SIRIA - I curdi proclamano un governo autonomo nel nord-est siriano. Tre cristiani tra i 20 ministri
Qamishli (Agenzia Fides) – Alla vigilia della Conferenza internazionale sulla Siria convocata a Ginevra, i curdi siriani hanno compiuto un passo avanti verso la creazione di una entità politica autonoma nel nord-est del Paese, annunciando la formazione di un governo autonomo composto da 20 ministri. Secondo fonti locali consultate dall'Agenzia Fides, nella nuova compagine governativa sono stati arruolati anche tre ministri cristiani siri, ai quali sono stati affidati i dicasteri dell'economia, della programmazione degli enti municipali e della commissione per i diritti umani. Il governo, presieduto da Akram Hissou, opererà dalla città di Qamishli e eserciterà la sua autorità in un'area che comprende anche la città di Hassakè.
Il nuovo organismo politico comprende i ministeri degli esteri, della giustizia, della difesa e dell'educazione e ha annunciato di voler indire elezioni politiche entro quattro mesi. Esso appare dominato dal Partito curdo di Unione democratica (Pyd), la formazione curda prevalente in territorio siriano e allineata con il Pkk, il Partito che sostiene le istanze autonomiste curde in Turchia.
Con l'operazione in atto, si consolida il predominio delle formazioni politiche e militari curde operanti nella regione della Siria dove la maggioranza della popolazione appartiene alla componente etnica curda. Nei giorni scorsi era stata respinta la richiesta dei curdi vicini al Pyd di partecipare con una propria delegazione alla conferenza di Ginevra 2 per poter esprimere le proprie attese sul futuro della Siria. (GV) (Agenzia Fides 22/1/2014).

sabato 18 gennaio 2014

La diversità è possibile

ASIA/INDONESIA - Violenza religiosa sempre più diffusa in Indonesia
Giacarta (Agenzia Fides) – L’intolleranza e la violenza su base religiosa sono sempre più diffuse nel territorio indonesiano: nel 2013 si sono verificati 222 episodi di violenza, che hanno avuto luogo in 20 province, 7 in più rispetto alle 13 province interessate nel 2012. Lo afferma un nuovo rapporto del “Setara Institute”, centro studi con sede a Giacarta, che conduce ricerche e campagne di sensibilizzazione per la democrazia, i diritti umani, la libertà religiosa. Nel nuovo rapporto inviato all’Agenzia Fides, titolato “La diversità è possibile”, l’Istituto nota che, pur essendo diminuiti del 16% nel loro computo complessivo, i casi di violenza per motivi religiosi sono più estesi a livello territoriale.
L’Istituto nota che è urgente risalire e sradicare le cause della violenza religiosa, ricordando che, nella mentalità comune del popolo indonesiano, i cittadini “accettano e apprezzano la diversità” culturale, etnica e religiosa che caratterizza la nazione. Secondo l’Istituto, “la maggiore diffusione della violenza è dovuta alla risposta lenta e inadeguata del governo” che non prende misure serie per contrastare i gruppi integralisti islamici.
Per quanto riguarda gli autori delle violenze, il noto gruppo musulmano radicale “Islamic Defenders Front” (FPI) è stato responsabile di 16 incidenti, mentre ai giovani affiliati al “Consiglio degli Ulema” indonesiani sono attribuite 14 violazioni. Le violenze, nota il Rapporto, sono cresciute in special modo contro i musulmani sciiti, ma anche contro le altre minoranze, come i cristiani. Nel 2013 anche il “Wahid Institute”, altro noto centro studi, ha affermato che “l’intolleranza religiosa resta un problema serio in Indonesia”.
Di fronte a tale situazione, la società civile indonesiana cerca di lanciare messaggi di altra natura: il 5 gennaio scorso oltre 130mila persone, soprattutto insegnanti, educatori, studenti, membri di diverse comunità religiose, hanno sfilato per le strade della capitale Giacarta, per ribadire il desiderio di tolleranza religiosa e rispetto dei diritti umani. Il corteo ha celebrato la prima “Giornata per l’Armonia religiosa” nazionale, organizzata dal Ministero federale degli Affari religiosi. La speciale Giornata è stata celebrata con marce o iniziative culturali in 17 province dell’arcipelago.
L'Indonesia è il paese musulmano più popoloso al mondo, con l'80% di fedeli musulmani su oltre 240 milioni di abitanti. I cristiani sono circa l'11%. (PA) (Agenzia Fides 18/1/2014)

Gela: Siamo soddisfatti del completamento della prima fase del nostro lavoro - sorgente tecnelab.it

17/01/2014

Le difficoltà dell'Aussa Corno

Aussa Corno, appello urgente alla Regione

San Giorgio di Nogaro, i soci della Ziac si rivolgono al vicepresidente Bolzonello. Fontanini: incombono pesanti incertezze

venerdì 17 gennaio 2014

La tortura dei prigionieri, in particolare dei detenuti per motivi religiosi e politici, c'è ancora

ASIA/VIETNAM - Campagna per abolire la tortura, usata spesso su detenuti per motivi religiosi e politici
Hanoi (Agenzia Fides) – La tortura dei prigionieri, in particolare dei detenuti per motivi religiosi e politici, è ancora ampiamente diffusa in Vietnam. Nel 2013, la tortura subìta da persone detenute per le loro convinzioni morali, politiche o di coscienza ne ha provocato, in diversi casi, la morte. Lo denuncia “Christian Solidarity Worldwide” (CSW) l’Ong cristiana, con sede a Londra, lanciando oggi una nuova campagna per abolire la tortura in Vietnam. Secondo una nota pervenuta a Fides, la campagna di richiede “un trattamento umano dei detenuti e dei prigionieri in Vietnam e l'eliminazione della pratica della tortura e di altri abusi nelle carceri, dei distretti di polizia, nei centri di rieducazione e in altri luoghi di detenzione”.
Una campagna per abolire la tortura in Vietnam richiede tappe specifiche che mostrino i progressi dal governo per eliminarla. Tali passi, sostiene CSW, sono: l’immediata ratifica della Convenzione contro la tortura; la ratifica della convezione internazionale contro il lavoro forzato; l’adozione di provvedimenti legislativi ad hoc per abolire tale pratica.
Nella nota inviata a Fides, Mervyn Thomas, Direttore di CSW, spiega: “Nel 2013 il Vietnam è stato eletto nel Consiglio Onu dei diritti umani e ha firmato la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Se ne attende la ratifica. Quest'anno il governo ha l’opportunità di dimostrare un vero e proprio impegno per la promozione e la tutela dei diritti sanciti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici”. (PA) (Agenzia Fides 17/1/2014)

Archivio dell’Azienda Agricola Torvis: si aprono gli archivi

Torviscosa apre gli archivi
e rilegge la sua storia

Il Comune farà il punto sabato sui tanti documenti e sulle immagini inediti E prepara le prime esposizioni

mercoledì 15 gennaio 2014

Diritti umani: violazioni in Pakistan

ASIA/PAKISTAN - Violazione dei diritti fondamentali dell’uomo: rapimenti, uccisioni e mutilazioni
Quetta (Agenzia Fides) – Si sono recentemente verificati in alcune vittà del Beluchistan, gli ennesimi episodi di violazione dei diritti umani. Secondo quando riporta la Baloch Human Rights Organisation, organizzazione per i diritti umani, le forze di sicurezza hanno rapito e ucciso cinque persone, tra queste un ragazzo di 10 anni. Nel corso di una manifestazione, i rappresentanti dell’organizzazione hanno lanciato il loro monito agli organismi internazionali a tutela dei diritti umani perché prendessero atto del crudele omicidio di quattro vittime innocenti a Dera Bugti e di un bambino a Turbat. Sostengono che, dopo averli uccisi le forze armate abbiano gettato i corpi mutilati in varie zone. L’organizzazione ha riferito che gli ultimi casi di violazione dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza hanno dimostrato una totale mancanza di rispetto dello stato di diritto e dei diritti fondamentali dei cittadini. (AP) (15/1/2014 Agenzia Fides)

sabato 11 gennaio 2014

Mezza Maratona Perugia Assisi

Maratona Perugia-Assisi: da Corso Vannucci con l'arrivo a Santa Maria degli Angeli

Maratona Perugia-Assisi: da Corso Vannucci a Santa Maria degli Angeli...tutto di corsa



Porto Nogaro: calo

Porto Nogaro, traffici
in calo del 30%

San Giorgio, il crollo per i mancati dragaggi, la scomparsa del traffico via mare delle bramme e la crisi alla Palini&Bertoli

venerdì 10 gennaio 2014

cambio dirigenza NET

Nuovi impianti Net e per la differenziata, raccolta al 65%

Saranno appaltati i lavori per l’impianto di San Giorgio. Fuccaro si dimette da presidente e rimane direttore

giovedì 9 gennaio 2014

Iraq: le violenze contro i cristiani

ASIA/IRAQ - L'Ayatollah al-Sistani: le violenze contro i cristiani sono una minaccia per tutto il Paese
Najaf (Agenzia Fides) – Le violenze che colpiscono i cristiani in Iraq rappresentano un danno per l'intero Paese. E' questa la convinzione espressa dal grande Ayatollah Ali al-Husayni al-Sistani durante l'incontro avuto mercoledì 8 gennaio con una delegazione della Comunità di Sant'Egidio ricevuta in udienza dalla maggiore guida spirituale e politica degli sciiti iracheni nella città santa di Najaf. Lo rendono noto fonti locali consultate dall'Agenzia Fides, che riportano i contenuti di una conferenza stampa tenuta dopo l'incontro da Andrea Trentini, membro della delegazione di Sant'Egidio. Nel colloquio – ha spiegato Trentini – al-Sistani ha manifestato la sua piena solidarietà ai cristiani iracheni, ribadendo che occorre preservare la presenza delle comunità cristiane autoctone nel Paese e che le violenze mirate di cui esse sono vittime rappresentano una minaccia per l'intero Iraq.
La delegazione della Comunità di Sant'Egidio si trova in Iraq per partecipare a un simposio sui temi della convivenza e del dialogo tra le confessioni religiose. (GV) (Agenzia Fides 9/1/2014).

I fedeli cattolici hanno il diritto di continuare a utilizzare la parola “Allah” per riferirsi a Dio: 109 denunce

ASIA/MALAYSIA - Questione “Allah”: oltre 100 denunce al Direttore del settimanale cattolico Herald
Kuala Lumpur (Agenzia Fides) – P. Lawrence Andrew, sacerdote malaysiano e Direttore del giornale cattolico “Herald”, settimanale diocesano di Kuala Lumpur, è indagato dalla giustizia malaysiana e rischia di essere incriminato e processato per “sedizione”. Come riferito a Fides dalla Chiesa locale, 109 denunce sono state depositate contro di lui, per aver affermato in un articolo sul numero di “Herald” del 27 dicembre che i fedeli cattolici hanno il diritto di continuare a utilizzare la parola “Allah” per riferirsi a Dio. Nell’articolo, visionato da Fides, p. Andrew citava, come prova evidente, una preghiera cristiana di oltre cent’anni fa, in lingua malese, in cui si usava il nome “Allah”.
“La situazione è piuttosto grave. C’è grande preoccupazione nella Chiesa cattolica, perchè la vicenda ha preso una brutta piega”, spiega all’Agenzia Fides fra Augustine Julian, missionario dei Fratelli delle Scuole Cristiane a Kuala Lumpur, ex segretario della Conferenza Episcopale della Malaysia. “L’indagine della magistratura in corso è una sottile forma di pressione verso tutti i cristiani. C’è forte preoccupazione nella comunità e tensione con gruppi islamici radicali”, aggiunge Julian. Anche i Vescovi della Malaysia, che in questi giorni sono riuniti a Johor, per una riunione della Conferenza episcopale, “esamineranno certo la delicata questione”, nota Julian, anche se è probabile che non vi sarà un intervento ufficiale. Quello che si teme è una escalation che potrebbe sfociare in violenza.
L’apertura di una indagine su p. Andrew giunge dopo un altro episodio critico: il recente sequestro di oltre 300 bibbie da parte della polizia nello stato di Selangor (vedi Fides 3/1/2014). Il Dipartimento per gli affari religiosi nello stato ha giustificato l’atto – che ha suscitato forti polemiche – perchè le bibbie, scritte nella lingua locale “Bahasa”, usano la parola “Allah”. Sul caso, la “Bible Society of Malaysia (BSM), proprietaria delle bibbie sequestrate, ha chiesto al governo di Selangor di approvare formalmente la “Dichiarazione 10 punti”, emessa dal governo federale della Malaysia nel 2011. La Dichiarazione consente alla comunità cristiana di “stampare, importare e distribuire la Bibbia nelle lingue indigene malesi all'interno del paese”, ponendo determinate condizioni sulla distribuzione nella Malaysia peninsulare. La BSM afferma di aver rispettato tali condizioni e che le bibbie erano riservate alle chiese di Sabah e Sarawak (nel Borneo malaysiano) e ad alcuni indigeni cristiani di lingua malay residenti nella penisola. Il primo ministro dello stato di Selangor, Abdul Khalid Ibrahim, ha ordinato ieri alla polizia di restituire le Bibbie, in ossequio alla Dichiarazione.
La disputa sull'uso del termine “Allah” da parte dei non-musulmani è scoppiata all'inizio del 2009, quando il Ministero degli interni ha revocato il permesso di pubblicazione del giornale cattolico “Herald”, perché lo utilizzava. La Chiesa cattolica ha avviato un ricorso legale, sostenendo la violazione dei suoi diritti costituzionali. Nello stesso anno un tribunale ha accolto la tesi della Chiesa. La successiva sentenza della Corte di appello, a ottobre 2013, ha ripristinato il divieto. I musulmani costituiscono oltre il 60% per cento dei 28 milioni di malaysiani, mentre i cristiani rappresentano circa il 9%. (PA) (Agenzia Fides 9/1/2014)

Parla il Dalai lama

ASIA/INDIA - Il Dalai Lama: “La conversione forzata è un ossimoro”
Bangalore (Agenzia Fides) – Il Dalai Lama disapprova la “conversione forzata” da una fede all’altra, definendo l’espressione “conversione forzata” un “ossimoro”, cioè l’accostamento di due termini del tutto opposti fra loro. La conversione, infatti “è un atto che tocca il profondo della coscienza umana” che nessuno può costringere o forzare in alcun modo. Come riferito a Fides, il Dalai Lama ha parlato alla Convention dell’Associazione delle scuole anglo-indiane, tenutasi nnei giorni scorsi in Karnataka, uno stato indiano noto per problemi, conflitti e tensioni interreligiose, soprattutto a causa della presenza di gruppi estremisti indù che spesso accusano spesso i cristiani di operare “conversioni forzate”. Il Dalai Lama riconosce che “i cristiani aiutano la società con programmi sociali nell’istruzione e nella sanità” e, se fanno proselitismo, “questo è sbagliato”, ha aggiunto. Ma coartare il nucleo di coscienza di un essere umano è impossibile. Il leader religioso ha ricordato che anche organizzazioni buddiste come “Rama krishna” operano nelle aree rurali, a beneficio delle popolazioni più povere ed emarginate, “senza chiedere o aspettarsi nulla in cambio”.
Il leader spirituale tibetano ha poi stigmatizzato la questione della “corruzione” come “il più grande cancro della società” e ha invitato l’India ad affrontare seriamente il problema. Una “giusta educazione, i principi morali, la disciplina e la pace interiore sono la via per combattere la corruzione”, ha spiegato. (PA) (Agenzia Fides 9/1/2014)

I bisogni dell’ospedale non si fermano e alcuni servizi, come gli ambulatori e le visite prenatali, riaprono

AFRICA/SUD SUDAN - Continuano gli scontri nonostante le trattative di pace avviate: feriti e sfollati
Lui (Agenzia Fides) - Resta alta l’allerta in Sud Sudan, dove pochi giorni fa una ventina di feriti sono giunti all’ospedale di Lui (Western Equatoria) assistiti dagli operatori di Medici con l’Africa Cuamm (vedi Agenzia Fides 8/1/2014). Secondo quanto riferito al Cuamm dal chirurgo presente a Lui, “è successo quanto speravamo non sarebbe mai accaduto. Nei giorni scorsi, dopo incontri ripetuti, ci siamo attrezzati stilando un protocollo per mass casualty, che abbiamo presentato e discusso con l’Health Management Team dell’ospedale in seduta plenaria. Dapprima ho ricoverato un soldato del contingente di Lui accoltellato al torace. Nello stesso momento un contingente dell’SPLA (Sudan People's Liberation Army), in marcia da Nzara a Juba, a 20 km da qui, e stava dormendo. E’ stato attaccato da sconosciuti con AK 47.” “Più tardi, - prosegue il dott. Setti Carraro - una colonna militare dell’SPLA ha scaricato in ospedale 17 feriti da arma da fuoco, uno era già morto, uno poc o dopo il ricovero, uno infine è morto di shock emorragico due ore dopo una urgente amputazione di gamba. Gli altri sono stati operati e solo tre sono immediatamente dimissibili, ma preferiscono rimanere in ospedale. Altri ancora ne avranno per giorni o settimane.” “La maternità è per fortuna tranquilla, - aggiunge il dott. Setti Carraro - ma due madri si sono autodimesse in giornata, benché i loro bambini avessero avuto entrambi febbre e convulsioni. La gente, almeno una parte, ha paura”. In parallelo all’ospedale di Yirol, al confine con la provincia di Bor, teatro degli scontri più violenti delle ultime settimane, il lavoro del Cuamm continua nel fronteggiare l’emergenza degli sfollati che hanno raggiunto Minkamen. Sono circa 20 mila e hanno bisogno di zanzariere, cibo, farmaci e strumenti per igienizzare l’acqua. Gli operatori hanno garantito un primo sostegno con la fornitura di trattamenti antimalarici, amoxicillina, metronidazolo, sali di reidratazione, e paracetamolo . “Garantire il funzionamento dell’ospedale di Yirol e di Lui è per noi centrale e crediamo anche per tutto il sistema sanitario locale” - dichiara don Dante Carraro direttore di Medici con l’Africa Cuamm - i bisogni dell’ospedale non si fermano e alcuni servizi, come gli ambulatori e le visite prenatali, riaprono”. (AP) (9/1/2014 Agenzia Fides)

mercoledì 8 gennaio 2014

ASIA/SIRIA - L'Arcivescovo Hindo: Ginevra 2 non trasformi la Siria in uno Stato islamista
Hassakè (Agenzia Fides) – I cristiani di Siria “sperano che la Conferenza di Ginevra 2 apra per la Siria prospettive di democrazia, libertà e uguaglianza”. Ma proprio per questo sono contrari a ogni deriva islamista che pretenda di imporre anche in Siria la Sharia come sorgente della giurisdizione corrente, riducendo la comunità cristiana al rango di “minoranza protetta”. Lo spiega a chiare lettere all'Agenzia Fides l'Arcivescovo siro cattolico Jacques Behnan Hindo, titolare della eparchia di Hassakè-Nisibi. “I cristiani” spiega l'Arcivescovo “saranno contenti se la cosidetta rivoluzione aprirà il cammino alla democrazia e alla libertà. Ma adesso anche i gruppi d'opposizione legati al Free Syrian Army – che pure vengono presentati come moderati rispetto alle formazioni jihadiste – si sono riuniti sotto la bandiera islamista, e dicono che nella nuova Siria dovrà essere applicata la Sharia, perchè così vuole la maggioranza. Questa è una prospettiva che i cristiani non po ssono accettare”.
A giudizio di monsignor Hindo, “Gli Usa, l'Arabia saudita, la Turchia favoriscono o accettano che si ripeta in Siria quello che è successo in Egitto, e abbiamo visto come è andata a finire”. Anche molti islamisti siriani sono legati alle posizioni dei Fratelli Musulmani. Ma i cristiani secondo l'Arcivescovo siro cattolico non possono accettare questa involuzione, che li ridurrebbe nel ghetto delle minoranze tollerate e rappresenterebbe anche uno stravolgimento del percorso storico della nazione. “In Siria” insiste mons. Hindo “i cristiani sono sempre stati parte integrante della Patria comune, cittadini a pieno titolo, e non 'minoranza'. Dopo il protettorato francese, i siriani avevano scelto un sistema laico e democratico, prima che iniziasse il regime imposto dal partito Baath”.
A chi si ostina a dire che i cristiani sono schierati con il regime di Assad, l'Arcivescovo Hindo risponde con determinazione: “All'inizio le manifestazioni contro il governo chiedevano libertà, democrazia, fine della corruzione. Poi sono venuti da fuori a rubarci la rivoluzione. Il popolo siriano non vuole la barbarie e la tirannia travestite con parole religiose. E tra due mali, è umano scegliere sempre il minore”. (GV) (Agenzia Fides 8/1/2014).

La storia si ripete?

AFRICA/SUD SUDAN - Sacerdoti cattolici e pastori protestanti in prima linea nel salvare vite umane: testimonianza a Fides
Juba (Agenzia Fides)- Lo scontro politico in atto in Sud Sudan tra il Presidente Salva Kiir e l’ex Vice Presidente Riek Machar ha subito preso una piega di tipo etnico e tribale, contrapponendo le due principale tribù del Paese: Dinka (alla quale appartiene Kiir) e Nuer (la tribù di Machar).
Ma secondo le testimonianza raccolte da don Mark Opere Omolm, un sacerdote sud sudanese, e inviate all’Agenzia Fides, diversi religiosi di entrambe le etnie si sono adoperati per proteggere e salvare diverse vite umane. “Quello che queste persone hanno fatto merita di essere raccontato al pubblico per sottolineare con forza il ruolo che le Chiese possono giocare nel plasmare il futuro del nostro Paese” dice don Mark.
Ecco gli episodi riportati dal sacerdote: “Abraham Makuac, un pastore evangelico della tribù Dinka, ha salvato la vita di diversi Nuer durante gli scontri a Juba. Pur avendo perso un fratello, brutalmente ucciso durante gli scontri, egli ha aperto la sua casa e la chiesa per nascondere civili innocenti.
Micheal Abang, un pastore presbiteriano della tribù di Shilluk, si è adoperato per salvare diverse vite durante gli scontri a Malakal. Ha aperto la Chiesa per ospitare gli sfollati e proteggere i Dinka e Nuer. All'indomani degli scontri, è stato visto partecipare al recupero e alla sepoltura dei corpi delle vittime.
P. Paulino Lual, dell’Ordine Francescano e di origine Dinka, ha creato una rete di volontari Dinka per proteggere la popolazione Nuer ad Aweil. Questo sacerdote è noto per il suo coraggio e fermezza nel condannare il tribalismo, la corruzione e ogni sorta di male sociale del Paese. P. Lual ha pure rischiato di essere ucciso dai alcuni soldati della sua tribù, irritati per la protezione che questo uomo di Dio dava alla popolazione di origine Nuer.
Don Joseph Makuei, un prete cattolico Nuer, ha organizzato un gruppo di volontari del suo gruppo etnico per proteggere e salvare i Dinka a Bentiu. Il sacerdote insieme con i volontari, ha accompagnando personalmente i membri della comunità Dinka presso la locale sede dell’ONU per ottenere protezione”. (L.M.) (Agenzia Fides 8/1/2014)
AFRICA/SUD SUDAN - 6 operatori italiani del CUAMM restano sul campo per garantire cure e assistenza sanitaria alla popolazione locale
Padova (Agenzia Fides) – In seguito ai disordini tra le forze lealiste e unità ribelli, in Sud Sudan continua ad aumentare l’instabilità. In questo contesto, Medici con l’Africa Cuamm resta accanto alla popolazione locale mantenendo aperti i servizi di cura e assistenza. Per ridurre il rischio per gli operatori, l’ong ha ritenuto di alleggerire la presenza negli ospedali di Yirol (Lake States) e di Lui (Western Equatoria), garantendo di rientrare in Italia a quanti si trovavano a termine servizio o avevano già programmato le ferie. Nel complesso, su 20 cooperanti, 6 restano sul campo per assicurare continuità assistenziale alla popolazione, in attesa che le attività possano riprendere a pieno regime. Quattro all’ospedale di Lui, un chirurgo, un pediatra, un’infermiera e un’amministrativa, e due all’ospedale di Yirol, un ginecologo e un’anestesita/pediatra. “ll principale motivo di preoccupazione per noi è la presenza a Lui, circa 200 km ad ovest di Juba, di unità dell’ esercito – dichiara il chirurgo in servizio nell’unico ospedale della Great Mundri, una mega contea che accorpa quelle di East Mundri, West Mundri e Mvolo. Il Cuamm è in Sud Sudan dal 2006, anno in cui ha avviato l’intervento di riabilitazione dell’ospedale di Yirol. Ha allargato poi il raggio d’azione intervenendo anche nell’ospedale di Lui. Solo nell’ultimo anno tra i due ospedale sono state realizzate oltre 53 mila visite ambulatoriali, 13 mila ricoveri, 1461 parti e oltre 47 mila vaccinazioni. (AP) (8/1/2014 Agenzia Fides)

Sul terreno di chi?

Sindaco della Bassa friulana apre al mais Ogm FotoVideo

martedì 7 gennaio 2014

“La popolazione si nasconda sotto i letti ed è ormai priva di cibo, acqua, medicine e di altri generi di prima necessità”

AFRICA/SUD SUDAN - “A Malakal la situazione è disperata” dice a Fides una fonte locale
Juba (Agenzia Fides)- “I combattimenti proseguono a Malakal fin dal 24 dicembre. I fedeli non hanno potuto celebrare la Messa di Natale” riferisce all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa locale. Malakal è la capitale dello Stato dell'Alto Nilo, in Sud Sudan.
Anche questa località è stata duramente colpita dai combattimenti tra le forze del Presidente Salva Kiir Mayardit e quelle dell’ex Vice Presidente Riek Machar. “La popolazione si nasconda sotto i letti ed è ormai priva di cibo, acqua, medicine e di altri generi di prima necessità” dice la fonte di Fides.
Questo perché “le forze di Machar hanno saccheggiato e incendiato il mercato della città di Malakal. Non c’è quindi più cibo disponibile”.
L’esercito sud sudanese sta cercando di riconquistare la città e nei combattimenti degli ultimi giorni diversi civili hanno perso la vita. “Le bombe hanno colpito numerose abitazioni. Tra le vittime vi sono diversi bambini uccisi dalle pallottole e dalle bombe.L’unico medico rimasto fa quel che può per curare il gran numero di feriti che continuano ad arrivare nel nosocomio. La situazione è disperata” conclude la nostra fonte. (L.M.) (Agenzia Fides 7/1/2014)

Il gesuita sarebbe stato rapito proprio dai miliziani dell'ISIL perché visto da loro come un “alleato” del FSA.

ASIA/SIRIA - Battaglia tra fazioni islamiste a Raqqa
Raqqa (Agenzia Fides) – Lo scontro tra le diverse fazioni islamiste che si contrappongono al regime di Assad è divenuto guerra aperta a Raqqa, la città dove cinque mesi fa è stato rapito il gesuita italiano Paolo Dall'Oglio. Nei giorni scorsi, vari gruppi armati di marca islamista si sono uniti per attaccare i jihadisti dello “Stato islamico delI'Iraq e del Levante” (ISIL), la formazione che negli ultimi mesi aveva di fatto assunto il controllo della città puntando alla creazione di un califfato islamico e aveva anche organizzato azioni simboliche come il rogo di Bibbie e libri cristiani. Secondo fonti locali, a marcare l'indebolimento dell'ISIL sarebbe stata la divisione tra i militanti locali della fazione e quelli venuti dall'estero. Lo scontro tra fazioni islamiste avrebbe portato anche alla liberazione di cinquanta militanti anti-Assad che erano tenuti in prigione a Raqqa dall'ISIL, come documentano alcuni video postati su Youtube.
Padre Paolo Dall'Oglio era giunto a Raqqa alla fine dello scorso luglio, quando nella città controllata dai ribelli erano presenti almeno tre forze in aperto contrasto fra loro. Fra il 29 luglio e il 5 agosto, giorno del sua scomparsa, nell'area si erano verificati violenti scontri, con morti e feriti, fra guerriglieri del Free Syrian Army (FSA) e membri dei gruppi islamisti, segno delle forti tensioni esistenti già allora tra le fazioni anti-regime. Secondo le ipotesi più accreditate, il gesuita sarebbe stato rapito proprio dai miliziani dell'ISIL perché visto da loro come un “alleato” del FSA. (GV) (Agenzia Fides 7/1/2014).

sabato 4 gennaio 2014

Pakistan: tutela della vita

ASIA/PAKISTAN - Nuovo piano di evangelizzazione con i mass-media dedicato alla “tutela della vita”
Lahore (Agenzia Fides) – Nel nuovo anno la Chiesa in Pakistan rilancia l’evangelizzazione con i mass media, con un piano che sarà incentrato sul tema della “tutela della vita”: lo riferisce a Fides p. Nadeem John Shaker, segretario della Commissione per la comunicazioni sociali nella Conferenza Episcopale del Pakistan e Direttore di Radio Veritas in lingua urdu.
La Commissione – sotto la guida del nuovo presidente, mons. Joseph Arshad, neo vescovo di Faisalabad – ha elaborato un piano pastorale per l’evangelizzazione nell’ambito della comunicazione mediatica che parte dalla funzione vitale di “Radio Veritas” in urdu, emittente presente in tutto il territorio nazionale. La Radio offre un servizio di alta qualità, accessibile, grazie alla lingua, all’intera popolazione pakistana, e si propone di coinvolgere sempre più le chiese locali, sensibilizzando sulla missione tramite le nuove tecnologie. In particolare il 2014, afferma il piano, sarà dedicato al tema della “tutela della vita”, intesa in tutte le sue fasi e circostanze: nel seno materno, nell’infanzia, nella malattia. Le comunità locali – nota il piano – saranno protagoniste nel costruire e produrre programmi e nel declinare e realizzare le diverse specifiche iniziative di comunicazione, come pubblicazioni, interventi nelle tv, programmi radiofonici, etc. Ogni servizio inoltre, p rosegue il documento, “sarà chiamato a mettere in evidenza l'insegnamento della FABC (Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia) e i messaggi di Papa Francesco”.
Mons. Joseph Arshad ha confermato il pieno sostegno dei Vescovi a tali iniziative, assicurando che la Conferenza Episcopale del Pakistan continuerà a rafforzare la missione nei mass media, in special modo promuovendo il prezioso servizio di “Radio Veritas”, che giova al bene comune della nazione. (PA) (Agenzia Fides 4/1/2014)

La Siria non è la Libia

ASIA/SIRIA - Il Vescovo caldeo di Aleppo: “Al Ginevra 2 si prenda atto che la Siria non è la Libia”
Aleppo (Agenzia Fides) - “I partecipanti alla Conferenza di Ginevra due dovranno partire rispettando i connotati propri della Nazione siriana”. Così il Vescovo di Aleppo dei Caldei Antoine Audo descrive l'unico approccio che può assicurare risultati concreti alla prossima Conferenza internazionale di Pace sulla Siria in programma a Montreux, in Svizzera, il prossimo 22 gennaio. “Noi riteniamo che si deve rispettare il Paese con i suoi problemi, sostenerlo nel suo cammino progressivo verso la giustizia e la libertà” aggiunge il Vescovo caldeo “piuttosto che approfittare delle sue debolezze per tentare di annientarlo. Come uomini di Chiesa, è questa la prospettiva con cui guardiamo al presente e al futuro della Siria. E ci chiediamo a cosa e a chi serve il tentativo di distruggere un Paese che era stabile e custodiva anche tesori di civiltà. Forse qualcuno pensava che la Siria fosse come la Libia, che fosse facile cambiare il regime dall'esterno, magari per interessi economici. Come si è visto, si trattava di congetture fallaci”.
Il Vescovo Audo esprime riconoscenza “per quello che sta facendo Papa Francesco in favore della pace. Ho saputo che nei prossimi giorni ci sarà in Vaticano una giornata di studio sulla tragedia del popolo siriano. Anche da lì verranno elementi di riflessione che potranno essere utili alla Conferenza di Ginevra 2”. (GV) (Agenzia Fides 4/1/2014).

ASIA/MYANMAR:l’insopprimibile anelito di fraternità” presente nel cuore di ogni uomo

ASIA/MYANMAR - L’Arcivescovo di Yangon: una road map di pace e fraternità per il paese nel 2014
Yangon (Agenzia Fides) – La pace, la fraternità, la democrazia in Myanmar sono “una comune speranza per tutti i cittadini”: all'alba di un nuovo anno, “in Myanmar si prepara l’alba di una nuova era, fatta di libertà, giustizia, pace”. Lo afferma mons. Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon, tracciando, in una nota inviata all’Agenzia Fides, “una road map” per la nazione, che delinea le prospettive per il 2014.
L’Arcivescovo ricorda i molti progressi compiuti negli ultimi due anni dalla nazione che “ha aperto le porte al mondo”. Tuttavia, afferma, si è ancora all’inizio: “Molti detenuti politici restano in carcere e, mentre si parla di pace, continuano attacchi militari contro i civili nello stato Kachin. Mentre si gode di maggiore libertà di parola, alcuni l’hanno usata per incitare alla violenza contro fratelli e sorelle musulmani. La strada da percorrere è lunga, e ci sono molte sfide gravi da affrontare”.
Le riforme democratiche non sono garanzia della fine dei conflitti, ammonisce. “La pace si ottiene, è vero, con un lento e costante processo di dialogo, che comporta una soluzione politica per le minoranze etniche del Myanmar”. Tuttavia, nota mons. Bo, “la vera pace può essere raggiunta solo attraverso una rivoluzione del cuore, un rinnovamento delle menti e una riscoperta del valore della fraternità”. Mons. Bo cita il messaggio di Papa Francesco per la “Giornata Mondiale della Pace”, ricordando “l’insopprimibile anelito di fraternità” presente nel cuore di ogni uomo. E stigmatizza l'ondata di odio e di violenza, scatenatasi negli ultimi 18 mesi verso i cittadini birmani musulmani in diverse aree del paese, atti che, afferma, “portano alla morte della fraternità”.
Per questo il popolo birmano “ha il compito di ricostruire non solo gli edifici distrutti, ma le relazioni interpersonali e intercomunitarie, e di ricostruire il suo cuore”: nella diversità di etnie, società, religioni e culture, spiega il messaggio, “vi sono i semi di una vocazione a formare una comunità composta da fratelli e sorelle che si accettano e si prendono cura l'un l'altro”. La road map per il futuro del paese – conclude – passa per la costruzione di una “nazione arcobaleno”, in cui tutti, soprattutto le minoranze, sono trattate con uguale rispetto e parità di diritti: un nazione prospera perchè scevra da guerre e conflitti religiosi, dalla povertà, definita “una ferita all’anima della nazione”, e dalle violazione dei diritti umani fondamentali. (PA) (Agenzia Fides 4/1/2014)

venerdì 3 gennaio 2014

Secondo la polizia, l’imputazione è “l’uso illegittimo del termine Allah per i cristiani”

ASIA/MALAYSIA - Uso del termine “Allah”: 300 bibbie sequestrate e leader cristiani arrestati
Kuala Lumpur (Agenzia Fides) – Oltre 300 bibbie sono state sequestrate e due leader cristiani sono stati arrestati ieri, 2 gennaio, nello stato malaysiano di Selangor. Lo riferisce un comunicato della “Bible Society of Malaysia”, inviato all’Agenzia Fides. Secondo la polizia, l’imputazione è “l’uso illegittimo del termine Allah per i cristiani”, che è stato sentenziato da un tribunale nell’ottobre 2013. Lo stato di Selangor, proprio accanto al territorio della capitale Kuala Lumpur – nella Malaysia peninsulare – ha così sanzionato la “Bible Society of Malaysia”.
Si avverano così i timori dei cristiani malaysiani i quali, dopo quel verdetto – che era riferito unicamente alle pubblicazioni del settimanale cattolico “Herald” – temevano l’errata interpretazione della sentenza, paventando problemi alle comunità cristiane e alla circolazione delle loro pubblicazioni, a partire dalla Bibbia. Dopo il verdetto, il primo ministro malaysiano Najib Razak e altri funzionari statali avevano spiegato che “il divieto non si applica alle liturgie e alla Bibbia”, assicurando ai cristiani che la loro pratica del culto non sarebbe stata minacciata. L’episodio di ieri dimostra invece “le ambiguità tuttora esistenti”, denuncia la “Bible Society of Malaysia”. Come riferito a Fides, le Bibbie sequestrate erano importate dalla vicina Indonesia, dove si parla il “Bahasha”, lingua in comune fra Malaysia e Indonesia
La disputa sull'uso del termine “Allah” da parte dei non-musulmani è scoppiata all'inizio del 2009, quando il Ministero degli Interni ha minacciato di revocare il permesso di pubblicazione del giornale cattolico Herald, che lo utilizzava. La Chiesa cattolica ha avviato un ricorso legale, sostenendo la violazione dei suoi diritti costituzionali. Nello stesso anno un tribunale ha accolto la tesi della Chiesa. La successiva sentenza della Corte di appello, a ottobre 2013, ha ripristinato il divieto. I musulmani costituiscono oltre il 60% per cento dei 28 milioni di malaysiani, mentre i cristiani rappresentano circa il 9%. (PA) (Agenzia Fides 3/1/2014)

Oggi, 3 gennaio, si aprono ad Addis Abeba (Etiopia) i colloqui per mettere fine alle violenze

AFRICA/SUD SUDAN - Sfollati interni e rifugiati sudanesi sono le prime vittime di tre settimane di scontri
Juba (Agenzia Fides)- Gli scontri tra militari fedeli al Presidente Salva Kiir e quelli affiliati all’ex Vice Presidente Riek Machar, hanno creato una grave emergenza umanitaria in diverse aree del Sud Sudan.
Tra i più colpiti vi sono gli oltre 200.000 rifugiati sudanesi accolti nei campi di Yida e Ajuong Thok nello Stato di Unità. Queste persone si trovano di fronte alla drammatica scelta di rimanere nei campi profughi privi di assistenza oppure di tornare nelle Montagne Nuba, nel Sud Kordofan, lo Stato del Sudan, sconvolto dai combattimenti tra l’esercito di Khartoum e i ribelli dell’SPLM-N (Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese-Nord).
Anche la popolazione del Sud Sudan sta soffrendo a causa della crisi politico-militare del Paese. Una delle situazione più drammatiche si registra ad Awerial, nello Stato dei Laghi (nel centro del Sud Sudan) dove oltre 70.000 sfollati, un maggioranza donne e bambini, sono privi di assistenza. Gli sfollati sono provenienti da Bor, capitale dello Stato di Jonglei, al centro dei combattimenti tra le truppe di Kiir e di Machar. Secondo stime delle organizzazioni umanitarie le tre settimane di scontri tra le fazioni rivali hanno costretto alla fuga oltre 200.000 civili.
Oggi, 3 gennaio, si aprono ad Addis Abeba (Etiopia) i colloqui tra rappresentanti di Kiir e Machar per mettere fine alle violenze. (L.M.) (Agenzia Fides 3/1/2014)

Il colosso del vetro

No ai premi di produzione,
alla Sangalli c’è aria di crisi